«Saremo sempre un po’ punk»: la nostra chiacchierata con Matteo Stefani, produttore di videoclip da Mahmood a Blanco, fino ad Elisa e sangiovanni

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Una chiamata Roma-Milano per fare quattro chiacchiere con Matteo Stefani, proprietario e produttore esecutivo della Borotalco TV, società di produzione di video musicali. Dalla Borotalco sono appena usciti i videoclip dei principali partecipanti a quest’edizione del Festival di Sanremo. Abbiamo fatto una mega intervista a Matteo, chiedendogli di parlare di passato, presente e futuro, del suo percorso personale e di quello della sua società. Con i piedi per terra e tanta passione verso il suo mondo, Matteo Stefani si racconta e racconta ciò che ha intorno.

Il lavoro del produttore esecutivo passa spesso inosservato, eppure gran parte dell’organizzazione spetta a voi. Ma per iniziare: chi sei, Matteo? Raccontaci il tuo percorso e come sei arrivato a Borotalco TV.

Faccio video da anni; fin da bambino mi piace fare montaggi e riprese. Ho lavorato a Venezia, a Mestre e a Padova in vari ambiti, come montatore e in regia. Alcuni contatti, poi, mi hanno portato a fare varie esperienze sui set cinematografici all’estero, in America e in Europa; tante esperienze che mi sono servite. In quel periodo abbiamo realizzato tanti progetti. Uno, ad esempio, è il Rockin1000 dei Foo Fighters: un successone che ci ha fatto finire anche nelle tendenze mondiali. È stata una roba abbastanza particolare.

Successivamente ho lavorato a Roma con Cosimo Alemà e la 999 films dove mi è stato chiesto di prendere in mano la situazione, nonostante io facessi principalmente montaggio. È a quel punto che è nata la Borotalco. Il nostro obiettivo era quello di uscire dai vecchi modi di lavorare e creare una casa di produzione che desse spazio alla collaborazione con vari registi, dando la possibilità magari anche ai più giovani. Cercare di avere una vasta scelta, ecco, e impegnarsi a trovare la persona giusta per ogni progetto. Ci siamo, poi, spostati a Milano, mantenendo una sede a Venezia e Roma, perché la gran parte del lavoro è qui.

Matteo Stefano sul set di Taxi Driver di Rkomi
Voler dare più spazio ad artisti più giovani dietro le quinte, questa cosa ci interessa particolarmente. Vuoi darci un insight su come, secondo te, si sta sviluppando l’ambiente dei nuovi talenti emergenti? È bello che con la Borotalco cerchiate di dar voce anche a chi è alle sue prime esperienze: è un rischio e un’opportunità non scontata. Come vedi l’aria negli ultimi tempi?

Mi sembra che le cose un po’ alla volta migliorino, vedo che stanno cambiando. Noi ci siamo sbattuti parecchio per cercare di fare le cose fatte bene, abbiamo fatto un lavorone, anzi, un lavoraccio, e d’altra parte si sa che nel mondo dei videoclip non si nuota nell’oro. Ma abbiamo fatto bei progetti. A volte non è facile proporre cose nuove, perché magari alcuni artisti o case discografiche sono legate già a determinati registi. Enea Colombi, per fare un esempio, è del ’97 e ha già bruciato parecchie tappe da quando ha cominciato quattro anni fa. Siamo cresciuti insieme, abbiamo creduto in lui e viceversa. Ci sono tanti altri ragazzi come lui con cui abbiamo prodotto vari video, cerchiamo quanto possibile di dare una chance a tutti. In questo ambiente chiunque pensa un po’ di saperne tutto di tutto, ma noi cerchiamo di consigliare e di indirizzare i ragazzi, di costruire qualcosa con loro.

Stabilire un rapporto di dialogo, insomma?

Certo! Col tempo succede sempre di più, forse perché sono cambiate anche le generazioni. Riceviamo un sacco di candidature e non riusciamo a lavorare con tutti, ma le cose vanno avanti. Vedo che in generale c’è molta più apertura.

Sul set di Crazy Love di Marracash, regia di Giulio Rosati
Ci sono un’infinità di variabili da considerare all’interno della produzione di un videoclip, specialmente a livello organizzativo. Come ti approcci, personalmente, al tuo mestiere? Preferisci la pre produzione, quindi l’organizzazione, o ti piace di più la vita sul set?

A me? Oh, mi piace stare sul set! Io poi non amo troppo fare produzione, ho sempre fatto video dal punto di vista pratico. Per fortuna sono meno coinvolto nell’organizzazione, ma mi sorbisco tutte le rotture. Il ruolo del produttore esecutivo è abbastanza attivo, di dialogo con la regia e con tutte le parti.

Fai un po’ da mediatore?

Sì, soprattutto per cercare di dare soluzioni. Grazie all’esperienza ormai conosco tutti gli aspetti della produzione video, di regia, di montaggio. Quindi cerco di lavorare in questo senso, di fare progetti nuovi, trovare contatti anche all’estero. Abbiamo collaborato con un regista molto famoso, e abbiamo un paio di progetti con un duo di registi tedeschi, i 100blackdolphin.

A dicembre c’è stata una bella soddisfazione: abbiamo vinto come Best Music Video per la Directors Library, un riconoscimento molto prestigioso. Ad ogni modo, mi piace stare sul set, ma più ci ingrandiamo più è difficile seguire tutto in prima persona. L’obiettivo è evolvere. Siamo in piedi da cinque anni ma sembrano venti, e adesso abbiamo aperto una nuova sede a Milano, che vogliamo rendere un punto di incontro per tutti. È lì che abbiamo ospitato Mahmood e Blanco qualche giorno fa, per le prove costume e per chiudere il montaggio assieme a loro. Sono contento quando c’è fermento.

Da sx a dx: Pietro Comini, operatore di ripresa; Edoardo Bolli, direttore della fotografia; Matteo Stefani, produttore
Viviamo in un’epoca in cui non è possibile ignorare la presenza di Instagram e dei social come strumenti principali per evolvere e farsi conoscere. C’è anche per voi questa parte social che influisce sulla comunicazione con il mondo, no?

Sì, certo, e all’inizio eravamo disastrosi. Da un paio d’anni abbiamo un ragazzo che ci aiuta e che pensa alle storie e ai post, prima eravamo un po’ persi. Però abbiamo abbandonato facebook. (ride, ndr)

E allora siete migrati su Instagram?

Esatto. Facciamo tanti video ma non siamo una realtà gigante, saremo sempre un po’ punk. Cerchiamo di fare un po’ tutto, ma non saremo mai degli influencer. Adesso in questi cinque anni siamo riusciti a farci conoscere, ma ciò che da più soddisfazione è quando alla fine di un bel progetto sono tutti contenti. Quello con Mahmood e Blanco è stato difficile, molto grosso, iniziato a novembre in un periodo complicato. Dovevamo andare in Inghilterra per girare, ma prima di Natale c’è stato il picco di casi Covid, quindi ci siamo dovuti bloccare.

Aver lavorato ai videoclip di Sanremo, non solo con loro due, ma con diversi artisti fra quelli in gara, dev’essere stata una bella responsabilità. È stato difficile mantenere la segretezza su tutto ciò che riguardava gli inediti?

Siamo stati attenti, in un ambiente come questo ognuno la pensa diversamente. È capitato che anni fa un ragazzo postò sui social una foto di un noto artista italiano sul set, dopo due mesi dall’uscita del video in questione, e in quel caso la manager si incazzò come una iena. Quindi, dipende un po’ da come uno la pensa, ma sapendo questo si sta attenti a prescindere. Con Sanremo, quando si girano i video, magari evitiamo di girare in playback davanti al Duomo in pieno giorno, perché le persone potrebbero fare registrazioni dei brani, che devono restare inediti. È stato un periodo molto intenso questo di Sanremo.

Di questa parentesi Sanremo cosa ti porti dietro? Hai ricordi particolari dai set dei video che ti hanno segnato in qualche modo?

Purtroppo non sono potuto stare su tutti i set, anche perché ce n’erano alcuni che andavano avanti contemporaneamente. Per esempio, mi è dispiaciuto molto non poter andare a girare in Olanda per il videoclip di Brividi, dato che è stato posticipato all’ultimo. Sicuramente, nonostante l’intensità, l’abbiamo vissuta abbastanza bene. Mettiamola così: Sanremo, rispetto al resto dell’anno, è un momento in cui il nostro lavoro viene riconosciuto più del solito, si ottiene più visibilità per noi e per i ragazzi che lavorano, e per tutti è una grande soddisfazione. I video sono venuti molto bene, io sono contento.

Parliamo dei video di Sanremo: quello di Ditonellapiaga e Rettore ricorda molto le vibes di All About That Bass, il videoclip di Meghan Trainor di ormai diversi anni fa. Quello di Tananai, invece, termina con lui che offre una rosa alla ragazza che gli sta puntando contro una pistola, che ricorda quella foto in cui una manifestante hippie si scontra con dei soldati, tenendo in mano un fiore. Ci ho visto qualche riferimento. Ma un po’ in tutti video si possono cogliere citazioni sparse qua e là.

Sì, ci sono varie citazioni. Poi questi due video che hai citato sono stati girati da Olmo Parenti e Riccardo Salvi. Con Olmo avevamo già lavorato in alcuni video per Sanremo Giovani. Riccardo, che ha diretto il video di Ditonellapiaga e Rettore, invece, non lo conoscevo prima. Eravamo entrati in contatto e gli ho detto che avrei fatto il possibile per proporlo in giro. Poi, dopo diversi mesi mi è stato chiesto qualcuno per il video della Rettore che doveva essere un po’ ironico, e tra le varie proposte che ho mandato c’era anche lui. Pensa, lui in quel momento era in Spagna, e a parte forse un paio di volte, non ci eravamo mai davvero parlati. Ci siamo mantenuti in contatto e alla fine il progetto è andato alla grande. Quindi in questo caso siamo riusciti a lavorare bene anche se l’artista era molto giovane. Poi se pensiamo a Sanremo, è evidente che come evento si è evoluto, perché fino a qualche anno fa era il palco di cantanti che non rappresentavano bene la musica del periodo. Ora gli artisti più tradizionali sono solo alcuni, e vengono infilati in mezzo a tanta roba nuova. Il che è ottimo perché ci ha dato la possibilità di spaziare tra tanti progetti diversi, e siamo stati spronati dal fatto che la visibilità garantita dal Festival ti permette di investire di più e fare cose più ambiziose.

Sul set di Ovunque Sarai di Irama, regia di Enea Colombi

Il video di Irama è molto particolare; non te lo aspetti da lui questo bianco e nero, dal ritmo lento e molto artistico. Ecco, questo è un esempio dell’apertura a visioni nuove e a un diverso approccio. Capita, in Italia, che si tenda a copiare un’idea piuttosto che fare cose di qualità. Se in America The Weeknd fa video incredibili, non è che tutti debbano fare il video come il suo, ma il punto è capire la strategia che c’è dietro. Non puoi fare un video come The Weeknd con la metà dei suoi soldi e del suo tempo, e pretendere che venga bene.

Meglio giocare con le proprie risorse allora?

Più che altro capire che se un progetto viene organizzato in un certo modo, dedicandoci il tempo e la pianificazione giusti, cercando di trovare soluzioni che funzionino per l’artista, è probabile che venga bene. Mi pare che ultimamente ci sia però voglia di provare cose nuove, di alzare il livello. Non è un caso che Mahmood insieme a Blanco abbiano fatto una performance super, portando un bel brano, che è stato poi accompagnato dal video.

La coppia Mahmood – Blanco è interessante: hanno entrambi il proprio stile ma si mescolano alla grande, sia a livello di estetica sia di sonorità. A questo punto, dato che ne stiamo parlando: qualche opinione a caldo e a caso su Sanremo? Hai seguito queste serate? Che impressione hai avuto di ciò che c’è stato sul palco?

Ho avuto l’impressione che per il primo anno ci fosse un ritmo che non c’è mai stato, che è molto positivo perché l’ho trovato pensato in modo più moderno, con ritmi più veloci. Fino all’anno scorso era tutto tirato molto più per le lunghe, ma quest’anno sono stati più concreti, con orari umani. Non si può certo pretendere di fare uno spettacolo al livello di Netflix, per citarne uno, ma la qualità è aumentata. Nell’ultimo periodo, poi, l’organizzazione di eventi è il settore più sfortunato, specialmente nell’ultimo mese e mezzo. Con la grande quantità di contagi è stato difficile coordinare tutti i progetti. C’era sempre qualcuno positivo.

Come un effetto domino infinito?

Sì esatto, poi c’è da dire che io comunque non sono mai contento fino al cento per cento. (ride, ndr)

Sei un perfezionista?

Sì beh, perfezionista… un po’ un rompipalle. Quest’anno c’è stato meno tempo per fare tutto, dato che il festival è cominciato il primo febbraio. Ma è andato bene, sono felice.

Riprendo ciò che hai detto prima: cercare di fare prodotti diversi, approcciarsi a nuovi artisti e voler uscire fuori dagli schemi alla fine paga. Effettivamente quest’edizione ha avuto un seguito incredibile, che non c’era da anni. Il fattore Fantasanremo, ad esempio, ha contribuito ad unire il pubblico.

Sicuramente ha unito i miei colleghi in ufficio.

Hai scommesso su Fantasanremo?

No.

Ma come no?

Mah, io no, perché sono pigro. Ma abbiamo un gruppo in cui commentiamo la serata. Io ho solo scommesso su un vincitore; chissà se perderò i miei soldi.

Si può dire su chi hai scommesso?

La Rappresentante di Lista. Non abbiamo fatto il loro video e non volevo puntare su qualcuno con cui avevamo lavorato, nonostante spero comunque che vinca uno dei nostri. In alternativa, loro due sono simpatici. Per il resto, devo dire che il Festival funziona. Qui in studio ci sono ragazzi di venti, venticinque anni che sono molto presi dall’edizione, e ciò vuol dire che si è trasformato in un format attuale. È vero, anche Fantasanremo ha portato hype.

Ti faccio un’ultima domanda. Se dovessi guardare al futuro, c’è qualcosa che aspetti particolarmente? Un progetto o qualcuno con cui desidereresti collaborare?

Allora, ciò che vorremo fare è continuare ad evolverci, cercando di fare progetti sempre diversi, di dialogare sempre più con registi e artisti dell’estero. Forse è in programma un video per un importante dj francese. In generale, faremo come abbiamo fatto in questi anni: cercare di migliorarci e vedere come va. Nell’ultimo mese abbiamo solo lavorato, quindi magari vorrei pensare un po’ anche alla vita privata.

Il team di Borotalco TV

Autore

Del cinema amo i film ambientati in un posto solo, il gossip hollywoodiano e il faccione di Bong Joon-Ho. Passo le domeniche a Porta Portese e il resto della settimana a mischiare il Martini alla tonica. In una vita passata ero un pirata.

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