La pianta di cannabis (cerchiamo di levarci subito di torno le definizioni da manuale) è stata coltivata fin dai tempi antichi per i suoi effetti psicoattivi. Le foglie e i fiori secchi servono a produrre la marijuana, mentre la resina solidificata della pianta è chiamata hashish. Il principio attivo in entrambe le sostanze è il THC (tetraidrocannabinolo). Preso per via orale a piccole dosi (da 5 a 10 milligrammi), il THC provoca una leggera euforia; dosi maggiori (da 30 a 70 milligrammi) producono reazioni gravi, come alterazioni cognitive e motorie, e talvolta, allucinazioni. La domanda, perciò, sorge spontanea: perché si dovrebbe legalizzare una sostanza psicoattiva? Proveremo a dare delle risposte.
Una premessa prima di cominciare: ci concentreremo, per ovvi motivi (di spazio si intende), sull’utilizzo della cannabis a scopo ricreativo, e tralasceremo la coltivazione della canapa e il suo uso per scopi terapeutici, industriali, e via dicendo.
Legge 242/2016: l’attuale regolamentazione in Italia
Se si apre il sito della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, all’inizio dell’articolo 1, (finalità) della legge del 2 dicembre 2016, n°242, si trova scritto:
La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché’ come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione.”
Vi risparmiamo i restanti articoli e commi della legge in questione, al limite della comprensibilità. La traduzione della legge 242, entrata in vigore nel nostro paese il 1° gennaio 2017, è, a grandi linee, la seguente: è sancita la libera coltivazione della marijuana legale, modificazione genetica della Cannabis Sativa, a patto che abbia una concentrazione di THC variabile dal 0,2% fino alla soglia massima tollerata dello 0,6%, e che rientri tra le qualità ammesse dalla normativa europea, aggiornate di anno in anno. Si permette anche la vendita di Cannabis light (che contiene grandi quantità di CBD, metabolita non psicotico a differenza del THC), con soglia massima di principio stupefacente (THC) fissata tra lo 0,2% e lo 0,5%.
Quindi in Italia coltivare Cannabis light è legale?
Si, ma ovviamente solo per uso personale, e con dei limiti, come specificato in precedenza. A venirci incontro una sentenza della Corte di Cassazione, del 19 dicembre 2019, dove si afferma che non costituiscono reato “le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate (cioè senza fertilizzanti e irrigazione), lo scarso numero di piante, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.
In Italia, oggi, rimane illegale lo spaccio di cannabis (sia marijuana che hashish, anche a titolo gratuito), ma non il possesso per l’uso personale, il quale costituisce un illecito amministrativo che sostanzialmente non sporca la fedina penale. Per determinare se il possesso sia a fini personali o per cessione a terzi il giudice valuta ogni singolo caso per decretare se esso possa rientrare nel criterio di “uso personale”, tenendo in considerazione quantità trovata, eventuale presenza di denaro contante e strumenti atti al dosaggio e confezionamento della sostanza. In Italia, a casa tua quindi, puoi fumare la cannabis: ma è meglio se non la coltivi.
Questi solo alcuni, e contradditori, degli aspetti legali che riguardano la cannabis in Italia.
Ma quali sarebbero i benefici di una sua legalizzazione nel nostro paese?
I motivi per cui bisogna legalizzare
Stando all’Istat (dati del 2018) sono circa sei milioni gli italiani che consumano cannabis e il numero continua a crescere ormai da molti anni; stiamo parlando di quasi un italiano su 10; da considerare che i consumatori abituali costituiscono circa il 90 % del mercato.
In base al rapporto della società di consulenza Prohibition Partners, il mercato della cannabis in Europa è in crescita costante e potrebbe arrivare a valere ben 128 miliardi di euro entro il 2028. Come spiega Marco Rossi, docente di economia politica alla Sapienza di Roma il modello di legalizzazione più pronosticabile per l’Italia, porterebbe al monopolio di Stato (come le sigarette), con una tassazione intorno all’80 % e la vendita in tabaccheria. In tal caso, se tutti i consumatori anziché coltivarla per conto proprio si recassero dal tabaccaio “sarebbe ragionevole ipotizzare un beneficio fiscale che si aggira sui 5 miliardi”. Sempre secondo Rossi, se la legalizzazione avvenisse tramite il monopolio di stato ci sarebbero 60mila posti di lavoro in più.
Un’eventuale legalizzazione non solo creerebbe lavoro, ma libererebbe risorse preziose che sono in gran parte destinate alla repressione. La maggior parte delle risorse antidroga della polizia sono infatti destinate alla cannabis, sia per quanto riguarda gli interventi che i sequestri. Per dare un’idea delle proporzioni: tra il 2004 e il 2018 sono state sequestrate circa 850 tonnellate di cannabis, rispetto alle 66 di cocaina e 17 di eroina. Il proibizionismo costa, e parecchio. Tra mancate entrate per lo Stato, costo dei processi, spese di polizia e il sovraffollamento delle carceri, parliamo di centinaia di milioni di euro che potrebbero essere risparmiati.
Le droghe leggere oggi (Saviano ci ha fatto una testa così) sono merce di scambio tra organizzazioni terroristiche (che vendono) e organizzazioni mafiose (che spacciano, attraverso il classico sistema piramidale); il mercato illegale della cannabis sorretto dalle organizzazioni criminali nel 2017 valeva, secondo l’UE, quasi 7 miliardi di euro.
Una sostanza psicoattiva come la cannabis certamente porta degli effetti collaterali, e su questo punto torneremo più avanti. Ma quanti sono i morti ufficiali per overdose da Cannabis nel mondo? La risposta è talmente scontata che preferiamo non darla, basti considerare che l’alcol e il tabacco portano alla morte milioni di persone l’anno. Se si guarda poi a quello che succede nel mondo, ci si accorge che negli ultimi anni sono molti i paesi che hanno regolamentato l’uso a scopo ricreativo della cannabis, e l’ultimo è proprio lo stato di New York.
Il 2 dicembre 2020, infine, l’ONU ha dichiarato che la cannabis non deve più considerarsi una sostanza pericolosa. La Commissione narcotici delle Nazioni Unite ha modificato le tabelle in cui vengono classificate da circa 60 anni le piante e i derivati psicoattivi in base al rischio che possono provocare. La cannabis è stata così tolta dalla quarta tabella, quella in cui erano state inserite le sostanze più pericolose come l’eroina e la cocaina.
Legalizzazione in Italia: i contro, ma ci sono?
Scusate, ma non riusciamo ad essere oggettivi. La legalizzazione della cannabis, come visto finora, potrebbe apportare dei benefici da non sottovalutare per il nostro Paese. Ma, quali sono i contro della legalizzazione?
Stando al pensiero comune, rendere legale il consumo di cannabis potrebbe portare ad un mercato trasparente solo in apparenza. In effetti, per i minorenni, l’uso potrebbe continuare, poiché la criminalità organizzata occuperebbe quel vuoto di mercato lasciato libero dalla legalizzazione. Ma la contraddizione è evidente: i minorenni oggi, e non scioriniamo altri dati, rappresentano già una buona parte dei consumatori abituali di cannabis. Quindi cosa cambierebbe per loro la legalizzazione? L’Italia, dal 2017, è seconda in Europa per consumo di cannabis tra i giovani, i quali si procurano già l’erba in maniera illegale.
Cerchiamo di sfatare poi il mito dell’eventuale stato venditore/spacciatore di morte (quale poi), attraverso una riflessione banale: durante la prima ondata di Covid-19 in Italia, tra le poche attività che non sono state chiuse, oltre a quelle di prima necessità, vi erano anche le tabaccherie, comprese quelle che non offrono servizi importanti per i cittadini; strano, a dire il vero, se si pensa che il virus colpisce praticamente le stesse parti del corpo che attacca la nicotina. Ma il tabacco è monopolio di stato, e di conseguenza il governo non poteva permettersi di disincentivare il consumo di sigarette agli italiani. Come si può definire uno stato che ragiona in questo modo?
I danni da consumo regolare di cannabis sono evidenti: il 16% dei consumatori abituali riferisce ansia, timore e confusione come una “evenienza abituale”. Le persone che usano marijuana regolarmente (tutti i giorni o quasi) spesso riferiscono letargia sia fisica sia mentale; circa un terzo presenta forme lievi di depressione, ansia o irritabilità. Chiaramente guidare sotto l’influsso della cannabis è pericoloso (c’è da dirlo?). La marijuana, infine, interferisce con l’esecuzione di compiti complessi, e a volte ha chiari effetti sulla memoria.
In conclusione
Legalizzare la cannabis non significa invitare al consumo, altrimenti, tornando al solito punto, cosa si dovrebbe dire di alcol e tabacco? Legalizzare significa regolamentare, sottrarre la sostanza all’illegalità. Depenalizzare la cannabis, o addirittura legalizzarla, diminuisce il consumo: è successo in Portogallo, in Uruguay, e in alcuni stati degli USA.
L’Italia, permettetecelo, è da sempre un paese conservatore, che si muove lentamente; qui non si guarda in faccia la realtà dei fatti, perché si preferisce tacere, rimandare, procrastinare, piuttosto che inimicarsi una grossa fetta di elettorato. L’Italia arriva sempre dopo, e la nostra storia ne è la prova. Probabilmente, per avere una legge chiara sulla legalizzazione della cannabis, dovremo aspettare ancora qualche anno. Vi terremo aggiornati.
In ogni caso so che sarete in pochi, ma magari quei pochi rimasti se lo staranno chiedendo. Ho 23 anni e no, non mi faccio le canne.
Autore
Odio le cose non finite. Le cose o si fanno bene o non si fanno proprio. Io non le faccio proprio. E infatti sono una contraddizione vivente: da grande vorrei diventare attore, non ho mai fatto un provino in vita mia. Adoro il cinema, la tv, lo spettacolo, ma sono laureato in lettere moderne. Sono nato e vivo a Roma, ma tifo Inter da una vita. La cosa che mi ha colpito di più di Generazione: il loro differenziale su Instagram.