Era il 22 marzo 2020, poco più di un anno fa, quando l’Italia ringraziava Cuba per aver aderito a quella corsa di solidarietà per supportare i medici in Lombardia. Il sostegno, da parte dello Stato insulare dell’America Centrale, era arrivato esattamente undici giorni dopo la dichiarazione di pandemia da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità. Sempre in quell’occasione, Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, ringraziava pubblicamente l’Italia, come unico Paese Europeo, per le misure di contenimento adottate: «Sappiamo che queste misure stanno mettendo a dura prova le società e le economie – affermava – proprio come hanno fatto in Cina». La situazione per noi era critica: il Covid-19, ancora sconosciuto e già troppo ingombrante, aveva posto sotto assedio il nostro paese.
In questo panorama giungevano ben 52 camici bianchi cubani, appartenenti alla Brigata Henri Reeve; il miglior personale per affrontare la situazione pandemica ormai dilagante, medici ed infermieri ben preparati e con grande esperienza nelle emergenze sanitarie. Una macchina ben oleata, messa alla prova anche in Africa contro l’Ebola nel 2014, era giunta in Lombardia per puro senso comunitario. In questo caso, è doveroso sottolineare che anche l’isola caraibica non era immune al progredire del virus, eppure non si era tirata indietro. Segno, questo, della loro straordinaria solidarietà. Ma proprio quel Paese, definito «determinate e prezioso» nel marzo 2020, un anno dopo è stato dimenticato.
La scorsa settimana il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato a maggioranza una risoluzione che esorta gli Stati, assidui a questa pratica, ad eliminare le misure coercitive che violano i diritti umani e il diritto internazionale. La risoluzione presentata da Cina, Stato di Palestina e Azerbaigian, a nome del Movimento dei Paesi Non Allineati, ad eccezione di Colombia e Perù, è passata con 30 voti favorevoli, 15 contrari e 2 astenuti. Grazie a questo provvedimento delle Nazioni Unite, tanti Peaesi, tra cui Cuba, possono risollevarsi dalle ingenti sanzioni unilaterali e coattive che mettono in seria difficoltà economica, soprattutto in piena pandemia. Tra i 15 voti sfavorevoli troviamo compatto il “blocco imperialista occidentale”, tra cui l’Italia. Una chiara violazione dei diritti umani, favorita dall’Austria, Brasile, Francia, Germania, Italia, Giappone, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Polonia. Tutte potenze che hanno preferito allinearsi alle politiche sanzionatorie degli Stati Uniti.
Semplificando il più possibile il sillogismo e limitandolo soltanto al caso specifico Italia-Cuba, troviamo un Paese – il nostro – che è lieto di aggrapparsi alla mano tesa da uno degli Stati con il PIL mediamente più basso al mondo – Cuba – ma che preferisce sottostare alla legge del più forte – USA – quando è ritenuto necessario e favorevole.
A distanza di un anno, quindi, quanto possiamo dichiarare in merito al sentimento di riconoscenza ed empatia della nostra nazione e di chi la guida? Quanto è lunga la memoria italiana? E soprattutto, è possibile che il servilismo dell’Italia, oltre che dell’Europa tutta, non si prostri nemmeno davanti ad un bene più grande, quale i diritti umani?
Cuba, sicuramente, non è sorpresa dalla scelta italiana. Nell’aprile del 2020, esattamente dopo tre settimane dagli applausi riservati ai medici volontari provenienti dall’isola caraibica, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Russia proponeva la sospensione delle sanzioni applicate a vari Paesi, data l’emergenza da Coronavirus. Anche in questo caso l’Unione Europea, nella quale fino a prova contraria rientra l’Italia, ha votato assieme agli Stati Uniti, al Regno Unito, alla Georgia ed all’Ucraina per respingere il progetto di risoluzione.
Non bisogna dimenticare che in quell’occasione, durante quelle votazioni volute dalla Russia, i 52 specialisti volontari erano ancora sul territorio italiano. Un anno fa, mentre il sostegno economico a Cuba veniva negato dall’Unione Europea, in uno dei periodi più difficili dagli ultimi decenni, i loro volontari hanno militato nei nostri ospedali fino a giugno.
Cuba ha contributo alla guarigione, per tre lunghi mesi, di ben 210 italiani ed è tornata a casa con un cartello con la scritta “Grazie” ed un fiore per ognuno dei membri della spedizione sanitaria. Oggi, dopo le decisioni prese, l’Italia ha un debito morale ancora più grande e forse inestinguibile.
Autore
Nata in Puglia nel 1997. Cresciuta fra gente di mare. In-formazione sotto il segno delle lettere, presso l’università di Bari. Attivista per Amnesty International, educata all’uguaglianza e alla difesa dei diritti.