Il Festival di Sanremo ha raccontato il cambiamento della società italiana

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In principio fu Sanremo

C’è chi ha stilato le regole di quella che viene chiamata la “settimana Santa di Sanremo” in cui non si esce e ci si dedica a guardare e commentare il Festival. Senza dubbio è diventato parte dell’Italian culture. Da oltre 70 anni, Sanremo è più di una gara musicale: è una macchina del tempo che ci mostra come siamo cambiati. 

Dai sogni del boom economico alle inquietudini della crisi, il Festival ha sempre cantato l’Italia con i suoi colpi di scena, le sue vicende irrisolte e un sacco di situazioni che hanno riempito internet di meme. C’era quando il iniziò il Covid e non ci rendevamo conto di quello che stava accadendo. Ha accompagnato i periodi che hanno segnato la storia italiana più recente. Ogni canzone, ogni artista, ogni scandalo racconta una storia che riflette il sentimento collettivo del Paese in quel momento storico. In effetti, Sanremo è un vero e proprio archivio sul cui palcoscenico si mescola arte e storia. Rivoluzioni e narrazioni da ricordare.

Il sogno dell’Italia che rinasce

In Italia, negli anni Cinquanta, si rincorre la ricostruzione post-bellica, ma anche quello che venne chiamato “miracolo economico“. Grazie al Piano Marshall, la rapida crescita economica non si arresta e con l’industria manifatturiera e automobilistica si registra una rapida espansione. La vita migliorava per tutti, il reddito cresceva e man mano il consumismo metteva radici. Questo è quello che Sanremo racconta: parla di un’Italia ottimista, che si rialza dopo la guerra e sogna un futuro migliore. Il Festival diventa il simbolo di una nazione che vuole dimenticare le ferite del passato e andare avanti. Era felice di stare lassù, Nel blu dipinto di blu del 1958, Domenico Modugno. Dicono che celebrasse così l’Italia del boom economico. Ed effettivamente più che cantante era profeta, quel sogno di benessere non è mai più ritornato. Qualcuno l’ha definita una canzone chagalliana. Grazie al suo desiderio di libertà e di progresso in un Paese che sta riscoprendo la sua vitalità. A questa tendenza, si aggiungevano anche le canzoni dell’amore rassicurante e melanconico. 

Domenico Modugno a Sanremo, nel 1958, apre le braccia al nuovo mondo

Quello con un velo di drammaticità che ha elaborato la personalità italiana che esportiamo in giro per il mondo. Il riferimento è a canzoni come “Grazie dei fiori” di Nilla Pizzi, e le memorie dolorose di chi ha voluto bene nonostante le spine e la parola fine. Stesso filone è quello di “Buongiorno tristezza” (1955) di Claudio Villa. È facile immaginare le giovani generazioni di quegli anni, come potevano esserlo i miei nonni, farsi corte accompagnati da una colonna sonora come questa. Offrono un conforto in un periodo di ricostruzione. In questo modo la musica diventa un rifugio sicuro, ma anche un modo per celebrare i valori tradizionali. Infatti, l’Italia in quegli anni rifletteva questo tipo di mentalità. 

Negli anni Sessanta il boom economico continua. L’urbanizzazione accelera e l’istruzione superiore è diventata più accessibile. Questo è il decennio del movimento studentesco del Sessantotto, delle manifestazioni e delle occupazioni universitarie. Il movimento femminista guadagna il suo slancio, con importanti conquiste per i diritti delle donne, come l’abolizione della discriminazione salariale nel 1963. La cultura popolare fiorisce e si assicura il suo sharing anche grazie al Festival di Sanremo. Tuttavia, nel ‘61 Adriano Celentano porta sul palco un po’ di rock con “24.000 baci”. L’amore mille carezze vuole all’ora, e si muove ribelle. La canzone destò scalpore anche perché faceva uso di termini anglofoni come rock, ring, e swing. Il pubblico era abituato alle canzoni melense, e si è ritrovato in un vortice di energico cambiamento. L’Italia muta, ma non tutti sono pronti. 

Crisi, impegno e ribellione

L’epoca di contestazione è quella che contrassegna gli sgargianti Settanta. Sono segnati da tensioni sociali, crisi economica e terrorismo. Il Festival fatica a trovare il suo ruolo in un contesto così turbolento. Questi anni sono stati segnati dalla crisi petrolifera del 1973 che ha portato a inflazione e disoccupazione. Ci sono le Brigate Rosse e la strategia della tensione. Aldo Moro viene rapito e poi ucciso. La storia della DC si legherà indissolubilmente a quella italiana. Qui nasce il clima di instabilità palpabile, a cui si accompagnano riforme sociali importanti, tra cui l’introduzione dello Statuto dei Lavoratori nel 1970 e la legge sul divorzio nel 1974. A Sanremo, intanto, si assiste alla fuga dei grandi artisti: Battisti, De Andrè e Mina snobbano il Festival, che giudicano troppo lontano dai problemi del mondo reale. E allora vanno a esprimere la loro creatività e l’impegno sociale altrove. Il Festival forse, in quel momento, non era capace di rappresentare la complessità dell’epoca e per questo perde delle voci importanti. 

In effetti, Sanremo evita i temi sociali, mentre fuori ci sono terrorismo e crisi economica. Il Festival continua a proporre canzoni leggere e melodiche, cercando di offrire un momento di evasione in un periodo di grande tensione. Tuttavia, questa scelta viene criticata da chi vorrebbe una musica più impegnata e attenta ai problemi del Paese. Adriano Celentano, apre il decennio con “Chi non lavora non fa l’amore” e ironizza sul clima di scioperi e tensioni, mentre “Jesahel” dei Delirium due anni dopo porta un’eco hippy riflettendo il desiderio di pace e di libertà di una parte della gioventù italiana.

L’edonismo e l’era della TV 

Gli anni Ottanta in Italia inaugurano una relativa stabilità economica, tappezzandola di un’atmosfera di edonismo e consumismo. Cresce l’attenzione all’immagine e al successo personale. La televisione commerciale porta l’ascesa di reti come Mediaset. Questa ha giocato un ruolo cruciale nel plasmare la cultura popolare. Si tratta dell’Italia di Bianco, Rosso e Verdone, dove Furio, Mimmo e Pasquale vengono immortalati durante una settimana elettorale, fondendosi alla lente retrò di occhi abili a dire l’Italia di quel tempo. 

Carlo Verdone in Bianco, Rosso e Verdone, interpretando uno dei suoi personaggi, Pasquale

Intanto la politica ha visto la stabilità dei governi democristiani e l’ascesa di Bettino Craxi. Ma è anche vero che il decennio ha anche assistito all’emergere di problemi come la corruzione politica e il debito pubblico crescente, che avrebbero avuto ripercussioni negli anni successivi. Anche Sanremo riflette questa trasformazione: il Festival diventa spettacolo puro. L’Italia è quella dell’apparenza e del consumismo. Trovano spazio Eros Ramazzotti con “Terra promessa”, e Vasco Rossi che porta “Vado al massimo”. A cui si aggiunge Zucchero, che partecipa alle edizioni dal 1982 all’86, saltando solo quella dell’84. Questi artisti rappresentano una nuova generazione di cantautori, capaci di unire melodia e contenuto, di parlare al cuore e alla mente del pubblico. Le loro canzoni diventano colonne sonore di un’Italia che vuole vivere intensamente, sognare e divertirsi.

Questi sono gli anni del dominio televisivo. Pippo Baudo diventa il volto del Festival e lo trasforma in un evento nazional-popolare, seguito da milioni di italiani. Baudo, con la sua verve e il suo carisma, riesce a fare di Sanremo un appuntamento imperdibile, un momento di aggregazione e di condivisione per tutto il Paese. Il Festival diventa uno spettacolo totale, dove la musica si intreccia con la televisione, la moda e il gossip. Questo, tuttavia, comporta che si tratti meno di politica ma più emozioni: Il Festival si concentra sulle storie d’amore e sulle emozioni. Le canzoni di Toto Cutugno, come “L’italiano” (1983), e quelle di Al Bano e Romina Power, come “Felicità” (1982), celebrano l’amore e la vita, offrendo un momento di evasione e di leggerezza in un periodo di grande cambiamento. Se chiedete a un francese quale sia la prima canzone italiana a cui pensa vi risponderà proprio “Felicità”.

Pippo Baudo salva “Cavallo Pazzo” dal suo tentato suicidio, durante una delle serate di Sanremo

Globalizzazione e nuovi suoni 

Forse è degli anni Novanta che bisogna aver più paura. Sono questi gli anni immediatamente prima della fine del mondo? La globalizzazione ha aperto nuovi mercati e opportunità, ma ha anche portato a sfide non da poco: basti pensare alla delocalizzazione industriale e alla concorrenza internazionale. Inoltre, l’innovazione tecnologica, con l’avvento di Internet e delle tecnologie digitali, ha trasformato il modo di vivere e lavorare.

Tra un Tamagotchi perso e qualche tensione sociale, si è assistito all’aumento della disoccupazione e delle disuguaglianze. Ma eravamo tutti persi e stregati dalle immagini sfocate e luminose che passavano alla televisione. La politica ha visto l’ascesa di nuovi movimenti e partiti, come la Lega Nord e Forza Italia, che hanno cambiato il panorama politico del Paese. Anche a Sanremo cambia musica. Trionfa il pop internazionale, il rap e diverse nuove contaminazioni. Sono proprio due donne, Laura Pausini e Giorgia a portare il pop italiano oltre i confini nazionali. La prima con “La solitudine” (1993), e la seconda, con “Come saprei” (1995). Tutti sappiamo a memoria i testi, anche se non li abbiamo mai ascoltati. In radio li passavano ovunque: conquistano il pubblico internazionale, dimostrando che la musica italiana può arrivare oltre i confini nazionali. Le loro voci potenti e le loro interpretazioni intense diventano il simbolo di un’Italia che si apre al mondo, che esporta la sua cultura e la sua creatività.

Giorgia a Sanremo nel 1995, con “Come saprei”

Poi, abbiamo avuto qualche sperimentazione con Jovanotti, ma il rap rimane ancora di nicchia. Il cantante si presenta a Sanremo con “Vasco” nel 1992. Ma il genere fa fatica a trovare spazi nel Festival. È innegabile che per Sanremo si delinea un nuovo ruolo: il Festival diventa la vetrina per i giovani talenti. Eros, Pausini, Giorgia e Nek nascono qui. 

Tra crisi e nostalgia 

Gli anni 2000 sono stati segnati da una serie di crisi economiche e finanziarie, (solito iter), culminate nella grande recessione del 2008, che ha avuto un impatto duraturo sull’economia e sulla società. Si tratta della crisi ha portato a un aumento della disoccupazione, specie tra i giovani, e a una riduzione del benessere economico. Il primo decennio dei 2000 ha anche visto l’accelerazione dell’innovazione digitale, la diffusione di smartphone, dei social media e delle piattaforme di e-commerce che hanno trasformato il modo di comunicare e fare affari. La società italiana, invece, ha affrontato delle sfide che ancora imperversano ai giorni nostri: invecchiamento della popolazione e necessità di riforme strutturali. Ancora una volta Sanremo riflette l’epoca e fatica a trovare un’identità perché si corre dietro a un cambiamento a cui è difficile star dietro. Innanzitutto, questo è il tempo in cui l’interesse per il Festival va in declino. Forse anche a causa di MTV, Youtube, e lo streaming. I giovani in particolare lo vedono come un evento piuttosto superato e preferiscono scoprire nuova musica usando Internet. 

Le canzoni presentate a Sanremo riflettono malinconia e introspezione. Questo è il caso di “Luce” di Elisa, nel 2001, ed “Eri bellissima” di Loredana Bertè, nel 2002. Qui si rivede, in qualche modo, il clima di incertezza di un’Italia in crisi. Inoltre, l’ondata di nostalgia si concretizza attraverso le reunion, da Albano a Toto Cutugno. 

Ultimo decennio del 2000 e ipernormalizzazione

Nell’ultimo decennio, quello più vicino al momento in cui questo compendio viene prodotto, il festival passa da rassegna per boomer a evento cult per i giovani: il merito è della rivoluzione musicale e social. 

Il decennio 2010-2020 è, sì, quello delle crisi economiche e politiche, ma anche della rapida innovazione tecnologica e trasformazione digitale. Abbiamo già menzionato la crisi finanziaria globale del 2008. La politica italiana ha visto l’ascesa di nuovi movimenti come il Movimento 5 Stelle e la Lega, che hanno portato a una ridefinizione della tradizionale concezione politica, o a un recupero di un certo estremismo di destra. La cultura popolare ormai ha abbracciato le nuove tecnologie, con streaming e social media che hanno cambiato il modo di consumare contenuti. Il decennio si è concluso con la pandemia di COVID-19, che ha accelerato il lavoro a distanza e l’istruzione online, ma ha anche causato una crisi sanitaria ed economica senza precedenti. Mahmood vince nel 2019 con “Soldi”, portando l’urban pop in prima serata. Nel 2021 arrivano i Måneskin, che trasformano il Festival in un fenomeno globale, conquistando anche l’Eurovision.

Mahmood, nel 2019, vince Sanremo giovani e poi la gara con i big, facendo il suo debutto davanti al grande pubblico

Sanremo diventa un vero e proprio evento social in cui i meme, le reaction su Twitter e la partecipazione della Gen-Z lo riportano in auge. Sanremo ormai non è più una semplice gara musicale, ma un momento italiano da esportare, poiché cattura l’attenzione di sempre più persone. 

Julie Ackermann, nel teorizzare questioni che riguardano la musica pop nell’era del Capitalismo Digitale, ha parlato di hyperpop, esso “si nutre proprio di questo aberrante divario tra la superficie lucida delle nostre esistenze e l’oceano di sfruttamento che si nasconde dietro tale superficie.”

Confermando qualcosa che Jean Baudrillard aveva già teorizzato negli anni Ottanta, e cioè “la proliferazione di simulacri, vale a dire di immagini che rimandano a una realtà fittizia come la pubblicità, le immagini generate dalla AI o quelle photoshoppate che troviamo sui social network. Simulacri di cui il movimento hyperpop si è impossessato, giocando con il potere della realtà fittizia per distorcere la cultura commerciale e da questa modellare realtà alternative.”

Forse anche per Sanremo e l’Italia è arrivato il momento dell’ipernormalizzazione? Forse c’è già stata? Il presupposto che ci porta a ipernormalizzare sta nelle promesse del Capitalismo e la sua oscura realtà. “Questa sensazione di scarto, lo storico russo Alexei Yurchak l’aveva ribattezzata nel 2005 ipernormalizzazione – un termine originariamente pensato per descrivere lo smarrimento sovietico all’avvicinarsi inesorabile della caduta dell’URSS, quando la popolazione, consapevole che il sistema comunista non funzionava ma incapace di concepire un modello alternativo, sceglieva di non vedere”.

Forse, allora, come sostiene l’autrice,  è proprio questo “l’evidente impasse in cui versa il capitalismo non ostacola in alcun modo la sua folle corsa. Si colora di verde, di rosa, e continua a mantenere la sua facciata gioiosa e accogliente. Ha questo dono, un dono straordinario, di mascherare e abbellire la sporcizia, di rivestire sempre con un packaging magico e seducente i prodotti che pretende di venderci”. 

Una delle performance di Achille Lauro, Sanremo 2021

A questo punto, si colora delle voci del passato e del futuro. Bambini o adulti, canteremo le canzoni dei prossimi che cavalcheranno il palco che continuerà a descrivere una realtà spaventosa. Sanremo farà da cartina tornasole agli anni stretti e condensati di questa epoca. Che dove vada non si capisce, e dopotutto, chi se ne frega. Noi ci vedremo con i nostri amici, ripeteremo il vuoto nelle canzoni che diventeranno le nuove hit di quest’anno, alla cena organizzata sarà tutto buonissimo. Ma va bene così, giusto prima della prossima crisi sanitaria, appena prima l’ennesima fine del mondo. Ma almeno, saremo felici.

Autore

Sono pugliese ma ho studiato fuori. Sto imparando a prendere le cose fragili con le mani bagnate. Ho scritto due libri di poesie. Amo la letteratura e una volta ho litigato con un prete.

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