Il disimpegno di Elon Musk dal DOGE (e forse da Trump)

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L’annuncio arriva durante la videoconferenza per la relazione trimestrale della Tesla ed è di grande impatto: dal prossimo mese Elon Musk “diminuirà significativamente” il suo apporto lavorativo all’interno dell’amministrazione trumpiana e del DOGE (Department Of Goverment Efficiency).
Il multimiliardario sudafricano naturalizzato statunitense ha dichiarato che il lavoro alla guida dell’organizzazione governativa costituita dal presidente Donald Trump “è quasi completo” e che dal mese di maggio lavorerà all’interno del DOGE “per al massimo uno o due giorni alla settimana” di modo da potersi concentrare nuovamente proprio sulla compagnia di punta del suo impero economico, ovvero la casa automobilistica di cui è amministratore delegato che nel corso dei primi tre mesi di quest’anno ha registrato un drastico crollo dei propri utili (-71%, da 1.390 miliardi a 409 milioni di dollari).

Un graduale disimpegno dunque per Elon Musk che per il momento non implica la sua uscita dalle questioni governative (almeno “fin quando il Presidente [Trump, NdA] lo vorrà e lo riterrà utile”) ma che, al netto delle smentite del diretto interessato, potrebbe comunque facilitarla.


Il ruolo “politico” di Elon Musk

Alla soglia dei “primi cento giorni della seconda amministrazione Trump” – che cadranno il prossimo 30 aprile – si può osservare come nei mesi alla guida del DOGE, tra la “coabitazione” con l’ex candidato repubblicano Vivek Ramaswamy e quindi in solitaria, Elon Musk abbia vissuto una significativa sovraesposizione politico-mediatica (in parte ampiamente cavalcata anche dallo stesso Musk) che lo ha visto prendere parte a varie dinamiche interne al secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca.

Dinamiche che sono state oggetto di una feroce critica bipartisan da parte della classe politica e della popolazione statunitense, ma che non sono state viste di buon occhio nemmeno all’interno della stessa cerchia di Trump, come nel caso del virulento “botta e risposta” avvenuto nelle scorse settimane – nel pieno della guerra commerciale scatenata dai dazi trumpiani – tra lo stesso Musk e il consigliere economico di lungo corso del tycoon, l’economista Peter Navarro.
Lo “scambio di cortesie”, legato proprio al piano globale dei dazi annunciato da Trump in pompa magna lo scorso 2 aprile alla Casa Bianca (salvo poi sospenderlo a breve distanza per un periodo di novanta giorni), ha visto Elon Musk dare del “cretino” a Navarro dopo un commento sgradito del consigliere sulla dipendenza estera che avrebbe la compagnia automobilistica di Musk.
Il motivo del contendere è probabilmente da “leggersi tra le righe”, tenendo conto di come al momento l’unica potenza globale esclusa dalla sospensione temporanea sia la Repubblica Popolare Cinese, i cui dazi sono stati invece rilanciati fino all’attuale 145%.

Elon Musk durante una riunione di gabinetto convocata dal Presidente Donald Trump lo scorso 10 aprile (fotografia di Molly Roberts).
Fonte immagine: The White House/Flickr (opera di dominio pubblico)


Un personaggio scomodo, le sue “ingerenze” e il tracollo di Tesla

I tagli verticali guidati da Musk che hanno colpito numerose agenzie federali tacciate di rappresentare sprechi del denaro pubblico, hanno inoltre portato a risparmi che sono tema di scontro sia nel merito giuridico (Elon Musk aveva l’autorità di scavalcare l’iter congressuale?) che nell’effettivo ammontare dichiarato dal DOGE, su cui emergerebbero importanti discrepanze.

Emblematico è stato quanto avvenuto con la United States Agency for International Development- USAID, agenzia statunitense fondata da John Fitzgerald Kennedy nel 1961 e oggetto delle mire di Trump e del DOGE tra i mesi di gennaio e marzo.
A lungo accusata di essere legata a doppio filo con i servizi d’intelligence e di aver cospicuamente finanziato attività di regime change nel mondo (prevalentemente sotto le amministrazioni legate al Partito Democratico statunitense), i rapporti pubblicati dall’amministrazione Trump sulle spese portate in essere dalla USAID – in particolar modo in Ucraina – hanno rappresentato l’ultima goccia: la Casa Bianca ha dapprima bloccato i fondi dell’agenzia, procedendo poi a ordinarne la sua riorganizzazione sotto la guida ad interim del Segretario di Stato Marco Rubio.
Da ultimo, lo scorso 10 febbraio, ha autorizzato l’intervento dei funzionari del DOGE per prendere possesso degli uffici centrali della USAID a Washington D.C. e per scollegare il suo sito Internet, arrivando de facto allo smantellamento dell’agenzia e di quasi tutto il suo personale (pratiche che, stando a quanto annunciato e notificato dal Dipartimento di Stato statunitense, dovrebbero completarsi quest’estate).

La figura di Musk è intervenuta attivamente anche al di fuori del contesto statunitense, al punto di ricevere le reiterate accuse di “ingerenza politica” sia in Italia, quando a novembre attaccò i giudici della Corte Costituzionale (e – indirettamente – il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella) nella questione dei centri per il rimpatrio in Albania, che in occasione delle recenti elezioni in Germania per il suo sostegno dichiarato al partito Alternative für Deutschland (AfD).

L’insieme di questi fattori hanno contribuito all’avvio di un’iniziativa globale contro le attività commerciali di Musk, come nel caso specifico del c.d. “Tesla Takedown”, che a partire dallo scorso marzo sta mobilitando una parte non indifferente della popolazione globale verso il boicottaggio dei prodotti delle sue aziende, fino al punto di arrivare anche ad azioni di vandalismo e sabotaggio di natura criminosa, come avvenuto qualche settimana fa nell’incendio notturno di una concessionaria Tesla a Torre Angela (Roma).
Sul netto calo registrato nelle vendite delle auto Tesla pesa dunque questa reazione da parte di un’importante platea di consumatori – in America come nel resto del mondo (in basso,NdA) – in aperto contrasto con le dichiarazioni e le politiche portate avanti da Elon Musk in quanto ritenute profondamente divisive.
Non va poi dimenticato il fronte prettamente commerciale, dove la competizione tra la compagnia statunitense e la concorrenza cinese per il predominio nel settore delle vetture elettriche è senza esclusione di colpi e dove la “guerra dei dazi” rilanciata da Trump (e sostenuta da figure come lo stesso Navarro, personaggio profondamente ostile nei confronti di Pechino) può rappresentare un danno significativo per la compagnia guidata da Musk.

L’infografica realizzata da Maps.interlude fornisce una fotografia sul calo d’immatricolazioni Tesla sul mercato dell’area UE e della Turchia.
Fonte immagine: Maps.interlude/Wikimedia Commons (licenza d’uso CC BY 4.0)


Tra Donald Trump e Elon Musk qualcuno “è di troppo”

Con Elon Musk maggiormente concentrato sulle attività del suo impero economico rispetto a quelle governative, potrebbe ora emergere un problema di natura politica all’interno della Casa Bianca, o forse sarebbe più corretto parlare di un imbarazzo su come gestire la faccenda in questo preciso momento storico.
Sebbene infatti le parole del miliardario non abbiano colto di sorpresa le persone più vicine alla cerchia del presidente statunitense (al punto che nei primi giorni di aprile il Presidente Trump aveva già paventato l’ipotesi del suo ritiro dall’incarico), è altrettanto innegabile che Elon Musk stia vivendo una fase problematica a livello di popolarità e prestigio: stando alle sue recenti dichiarazioni, infatti, quanto annunciato durante la trimestrale della Tesla sarebbe motivato anche dall’essere provato “dagli attacchi mediatici immorali della sinistra” nei suoi confronti.

La sua rilevanza all’interno dell’amministrazione presidenziale appare poi sempre più marginale, specie dopo la sconfitta repubblicana nelle elezioni per la Corte Suprema del Wisconsin dello scorso marzo, un risultato negativo interamente addossato sulle spalle di Musk, il quale si era esposto in prima persona (e a suon di milioni di dollari) a favore del candidato Brad Schimel, sconfitto alle urne dall’indipendente Susan Crawford.
Al netto del recente attestato di stima ribaditogli da Trump attraverso i media, infine, pesa il carattere decisamente fuori dagli schemi dello stesso Musk che – a lungo andare – non può essere compatibile con quello ugualmente dirompente dello stesso inquilino della Casa Bianca.
In poche parole, non c’è spazio per chi può mettere in ombra una personalità come quella di Donald Trump.

Nell’immagine di copertina: “Elon Musk presenzia all’acquisto di una Tesla S da parte del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump presso il South Lawn della Casa Bianca (fotografia di Molly Riley).
Fonte immagine: The White House/Flickr (opera di dominio pubblico)”

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