Il coinvolgente viaggio nel paradiso perduto di “Eden”

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Un viaggio dalle “ruggenti sfumature noir in un paesaggio incontaminato, selvaggio, pronto a colpire con forza l’attenzione dello spettatore nella sua bellezza primordiale ma anche attraverso il racconto di una storia realmente avvenuta.

Si potrebbe riassumere in questo modo l’uscita nelle sale italiane di “Eden”, ultimo lavoro diretto dal grande regista statunitense Ron Howard.
Un dramma che si mostra diretto, coinvolgente nella sua narrazione e con degli interessanti spunti contenutistici che donano ulteriore profondità al film, grazie anche a un cast bene assortito e a una sceneggiatura che nel complesso convince nel trasporre in modo vincente il suo soggetto originale: i fatti di cronaca che riguardarono l’isola di Floreana.


La trama del film

“Eden”, di Ron Howard (Stati Uniti d’America, 2024)
Fonte immagine: 01Distribution/Facebook

Il viaggio nel tempo e nella Storia presentato da Ron Howard nel suo “Eden” ci porta nel 1929, con i titoli di apertura del film che descrivono la situazione socio-politica del tempo con un primo messaggio essenziale e d’impatto: “Il fascismo si sta diffondendo”.
I riferimenti sono chiari: l’affermazione dei regimi autoritari in Europa, il crollo di Wall Street e la crisi economica globale che ne conseguì.
Tra le Nazioni maggiormente colpite dalla crisi del 1929, la Repubblica di Weimar fu quella che venne travolta del tutto, proprio mentre si concretizzava l’ascesa politica nel paese di Adolf Hitler.

É in questo contesto di crisi che una coppia di ribelli nella Germania di Weimar rifiuta il mondo che gli viene prospettato e decide di lasciarsi tutto alle spalle per costruirsi una nuova vita “radicale” – lontana dal mondo civilizzato – in un’isola disabitata nell’arcipelago delle Galapagos (Ecuador): Floreana.
Passano tre anni e le prime immagini ci portano al
1932, con l’arrivo a Floreana di una piccola famiglia tedesca a bordo di una piccola imbarcazione: l’ex veterano di guerra e impiegato Heinz Wittmer (Daniel Brühl), la moglie Margret (Sydney Sweeney) e il suo primo figlio Harry, che si scopre essere malato di tubercolosi.
L’approdo di questa famiglia nell’isola
non è casuale: i Wittmer hanno infatti lasciato l’Europa in crisi per seguire il sogno dei “mentori” di cui avevano avuto modo di leggere a lungo nei giornali locali, grazie alle lettere spedite nel continente proprio dall’ex medico e filosofo nietzschiano Friedrich Ritter (Jude Law), giunto anni prima sull’isola assieme alla compagna Dore Strauch (Vanessa Kirby).
Il primo incontro con i due pionieri, tuttavia, è tutt’altro che amichevole per i Wittmer: con sdegno e evidente disprezzo verso quella famiglia borghese per ceto e mentalità, infatti, Friedrich e Dora cercano coscientemente di scansarli offrendo loro un appezzamento di terra dove chiunque sarebbe impossibitato a vivere.

Eppure, attraverso il duro e instancabile lavoro, i Wittmer riescono a “domare” quel terreno così ostile all’uomo e vi costruiscono la propria confortevole dimora, nell’inaspettato stupore della coppia.
Uno stupore che si tramuterà in aperta ostilità in seguito al “fragoroso” ingresso sull’isola di un nuovo manipolo di viaggiatori: i colpi di cannone di una nave annunciano fastosamente infatti l’arrivo della lussuriosa Baronessa
Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn (Ana De Armas), accompagnata dai suoi due amanti e co-soci Robert Philippson e Rudolf Lorenz e dalla guida locale Manuel.
L’isola di Floreana, ora abitata da tre gruppi distinti spinti da ragioni profondamente diverse tra loro, diventa così il brutale teatro di una lotta per la sopravvivenza e per il potere, una lotta dove le apparenze possono trarre in inganno e dove non esistono colpi proibiti.


“A chi ha il coraggio di sognare” – Il richiamo a temi e sottotemi del passato

Arrivato nelle sale cinematografiche italiane dopo la première internazionale in Canada a settembre per il TIFF (Toronto International Film Festival) e l’apertura fuori concorso della quarantaduesima edizione del Torino Film Festival (22 novembre), il film ha davvero molto da offrire allo spettatore nelle sue due ore e dieci di durata.

Le basi riguardanti il soggetto scelto dal celebre regista di “Willow”, “A Beautiful Mind”, “Cinderella Man – Una ragione per lottare” e “Rush” sono state la misteriosa storia degli omicidi nell’isola di Floreana e le verità attorno a quegli eventi raccontate direttamente da coloro che al tempo furono coinvolte.
Le due memorie letterarie scritte da Dore Strauch nel 1936 e da Margret Wittmer nel 1959 con “Fermo Posta Floreana” (trd. italiana, 1970) – a cui si può persino aggiungere il materiale cinematografico girato a Floreana negli anni precedenti dal miliardario e filantropo statunitense George Allan Hancock [1] (interpretato nel film da Richard Roxburgh) – rappresentano gli atti di accusa che le due donne si rinfacciarono riguardo alle responsabilità dei crimini rimasti irrisolti e – al contempo – raccontano le loro differenti esperienze nell’isola di Floreana.

Un fotogramma del film “Eden” di Ron Howard (2024)

In tutto questo si inserisce la sceneggiatura di “Eden”, scritta da Noah Pink sul soggetto sviluppato “a quattro mani” con lo stesso Ron Howard, che vuole raccogliere e amalgamare gli elementi centrali delle due versioni all’interno di una struttura narrativa unica ed esaustiva.
Il risultato riesce nel complesso a convincere il pubblico in modo credibile: c’è il richiamo molto presente alla filosofia (un elemento chiave, da Arthur Schopenhauer a Friedrich Nietzsche), alla storia (i c.d. “Roaring Twenties”, la Grande Depressione e l’avvento dei regimi autoritari) e soprattutto alle rappresentazioni ideali del colonialismo di cui il mondo era ancora permeato al tempo.
La storia di Floreana è quella di un territorio quasi “primordiale”, la cui natura selvaggia lo rende ancor più fecondo, che viene posseduto e piegato al volere dell’uomo civile, capace di renderlo abitabile grazie al proprio ingegno.

Le storie dei personaggi principali che vivono nell’isola
– esaltate da un cast di primissimo ordine – sono la rappresentazione di come la lotta per la sopravvivenza possa far progredire l’uomo verso più alte prospettive, ma anche di come possa regredire a istinti più bassi e “bestiali”.
Gli esempi più eloquenti sono quelli che riguardano Margret Wittmer da un lato e – come rovescio della medaglia – il dottor Friedrich Ritter: da un lato una giovane donna, sposa in seconde nozze, che appare inizialmente come una figura profondamente ingenua e semplice.
Eppure è la stessa donna in grado di dare alla luce il proprio figlio Rolf (il primo nativo di Floreana) mettendo a rischio la propria incolumità quando viene accerchiata da branco di cani randagi ed è la stessa donna che prende con forza le redini della famiglia quando il marito non sembra più esserne in grado.
Di contro, il filosofo nichilista e vegetariano – disilluso dalla società del tempo e dalla sua corruzione e determinato a diffondere il proprio manifesto rivoluzionario – si abbandona alle sue pulsioni animali e viene meno ai propri “valori granitici” (mangia la carne, anche se avariata) quando vede messa a repentaglio la sua stessa sopravvivenza.

Da ultimo, una menzione sulla figura della “Baronessa”: nelle fattezze della seducente Eloise, Ana De Armas riesce egregiamente nel compito di “farsi odiare” dal pubblico (anche al punto di insultarla durante la proiezione in sala) con una performance decisamente credibile.
Il suo personaggio si mostra, almeno all’apparenza, come una figura molto abile nelle macchinazioni e che – forte del proprio “lignaggio” e del suo carattere (il mantra dell’“incarnazione della perfezione”) – è pronta a sfoderare ogni arma che il proprio corpo le ha donato per raggiungere i propri scopi…salvo poi scoprirne le enormi fragilità avvolte da una moltitudine di maschere.

Un fotogramma dal film “Eden” di Ron Howard (2024)


“É il momento di scegliere” – Le conclusioni finali

Finora “Eden” ha raccolto poco più di quattrocentottantamila euro di incassi ai botteghini italiani, un risultato non entusiasmante per un film che ha comunque ricevuto un certo apprezzamento da parte della critica.
A pesare su questo dato, probabilmente, una distribuzione al momento assai ridotta della pellicola (oltre all’Italia, il film è uscito soltanto in Germania mentre negli Stati Uniti arriverà quest’estate) e una concorrenza nelle sale non indifferente a livello di titoli più appetibili al grande pubblico.

Un vero peccato, dal momento che il film di Ron Howard è molto coinvolgente nel suo raccontare una storia poco nota (almeno per chi scrive).
Se si dovessero cercare degli elementi rivedibili all’interno di questo lungometraggio, si potrebbero indicare alcuni aspetti narrativi nella sceneggiatura che vanno a dilatare le dinamiche tra i tre gruppi di personaggi senza che ve ne sia necessità (es. la “cena di gala” sulla spiaggia con l’equipaggio di Hancock) e che rischiano di rallentare un racconto scorrevole alla visione.
Pur consapevole di non avere assistito a uno dei lavori migliori del regista statunitense, il parere rimane comunque positivo e porta a consigliare la visione di questo film.


Note e informazioni aggiuntive

[1] I filmati di George Allan Hancock documentarono la vita della coloni tedeschi dell’isola di Floreana, un fatto al tempo straordinario. Vi fu una particolare enfasi sulla “Baronessa” e sui suoi amanti: quest’ultima fu infatti protagonista, assieme a Robert Philippson, del cortometraggio muto “The Empress of Floreana” diretto dallo stesso Hancock nel 1934.

Fonte immagine di copertina: 01Distribution/Facebook

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