«VIVA LA LIBERTAD CARAJO» è la caption che accompagna tutti i post del presidente argentino Javier Milei. Niente punteggiatura, solo capslock e sicuramente il dono della sintesi: uno dei personaggi più comicamente (e problematicamente) controversi dell’attuale scena politica si firma così sul suo account Instagram.
I protagonisti dell’estrema destra mondiale, in effetti, si assomigliano molto di più di quanto siano disposti ad ammettere, partendo dai contenuti che portano fino al loro stile comunicativo. Una delle caratteristiche che li accomuna è sicuramente quella della “memificazione” della scena politica, un fenomeno che spesso risulta determinante nell’ottenimento del consenso prima e del potere poi.
Lo scrittore e giornalista argentino Juan Ruocco, che ha cominciato la propria ricerca sul tema con il suo ¿La democracia en peligro? (2023), ci offre le basi per capirne di più sul fenomeno Milei. Agli occhi degli europei, in effetti, si tratta di poco più che un politico a cui piace mostrarsi con una motosega in mano. Viene abbastanza naturale collegarlo ai personaggi nati sulla scia di Trump e simile, per citare almeno un altro caso sudamericano, a Bolsonaro. Il percorso di come sia arrivato al potere è estremamente simile a quello di tanti altri. Il pattern è questo: in un momento di crisi la fiducia degli elettori è così bassa da creare il desiderio di affidarsi ad un outsider, qualcuno che non abbia responsabilità (o meglio, non ancora) della situazione disastrosa in cui ci si trova.
Le radici di questo malessere affondano nella crisi del 2001 – in Argentina, in effetti, tutte le tappe di sviluppo e contrazioni si spiegano con l’analisi dei periodi precedenti. Il paese fu sollevato da quello che viene chiamato il movimento kirchnerista, dal nome dei coniugi Néstor e Cristina che segnarono il periodo tra il 2003 e il 2015. D’ispirazione peronista, il loro governo portò ad un processo di recupero molto grande. La povertà diminuì da quasi il 50% a un 30%, aumentarono l’occupazione ed il PIL, i salari aumentarono costantemente. Ma qui Juan Ruocco segnala l’inizio della crisi: «Quel modello aveva una specie di tallone d’Achille che cresceva in parallelo con la crescita dell’Argentina: l’inflazione». Dal 2011, la situazione non fece che aggravarsi e diventò peggio di quella del governo precedente: il PIL stagnava, i salari perdevano valore e il prezzo della vita aumentava. L’ultimo grande colpo fu, indubbiamente, inflitto dalla pandemia.
È in questo contesto che Milei appare per la prima volta, inizialmente come personaggio mediatico. Fino a quel momento, da qualsiasi schieramento politico provenissero, i politici avevano sempre dovuto sostenere in una certa misura il discorso peronista, ossia un apparato di welfare state. Milei inizia a toccare quello che sembrava intoccabile, come la salute e l’educazione pubblica. Ruocco riassume così il diagnostico che il politico ripeteva nel periodo della campagna: «Egli segnalava che il problema dell’Argentina era che aveva uno stato molto grande. Questo stato molto grande generava un deficit enorme. Quel deficit si pagava con il debito e quando non si poteva con il debito si pagava con l’inflazione, cioè emettendo denaro». Queste parole, pronunciate da un uomo proveniente dall’economia, sembravano rassicuranti nella loro razionalità e promettenti nella loro risolutività. Soprattutto, aveva «un passato “pulito” per non aver partecipato direttamente a nessuno dei governi che erano stati responsabili della crisi economica; aveva poi una soluzione molto semplice da capire, riguardante fondamentalmente la necessità di spendere meno risorse possibile».
Dopo aver scelto il suo posizionamento, Milei si è occupato della costruzione del suo personaggio, dalle forti connotazioni carismatiche. Juan Ruocco ci racconta del suo esordio come dell’ottenimento di «una sinergia tra le sue prime partecipazioni in televisione e la trasposizione di quei contenuti su Internet». La TV argentina è consumata principalmente da gente adulta, che è stata inizialmente il suo pubblico, e solo in un secondo momento quelle apparizioni sono diventate contenuti per YouTube. Si parla del 2017-2018, ossia in seguito alle elezioni di Trump che in un certo senso hanno spianato la strada a personaggi che si rifacevano al suo esempio. Internet si era già abituato a questo tipo di discorsi, di contenuti; ne aveva, per così dire, plasmato la forma sia dalle sue origini. «Nel panorama della televisione argentina era un personaggio molto istrionico, gridava molto e a volte sembrava molto violento. Portava avanti un discorso molto forte contro la sinistra. Il fatto è che Milei considera comunista tutto ciò che è alla sua sinistra dello spettro politico. E non solo: attribuisce ai governi comunisti tutta la colpa di qualsiasi crisi economica».
Contestualmente alla popolarità televisiva, Milei è diventato popolare sul web: su Twitter, Reddit e YouTube i contenuti hanno iniziato a ricevere sempre più like e visualizzazioni. Juan Ruocco commenta così questa fase: «I video editati e caricati da ragazzini raggiungevano rapidamente numeri molto grandi di centomila, duecentomila riproduzioni. Allora, Milei comincia a diventare un fenomeno: rapidamente si rende conto di ottenere ottimo riscontro tra i giovani, soprattutto maschi. Questo lo entusiasma per continuare a partecipare allo stesso modo, diventa sempre più irrazionale ed esagerato». Si tratta, quindi, di una vera e propria ricerca di un travestimento che si autoalimenta. Di fatti, la rinnovata popolarità lo porta ad apparire più frequentemente in televisione e, di conseguenza, a diventare ancora più popolare. In questa fase, sono anche i pensatori libertari e conservatori che iniziano ad apprezzarlo e sostenerlo grazie al suo sostegno alla denuncia dell’agenda gender e l’opposizione all’aborto. Per quanto riguarda la ricezione di un personaggio come Milei da parte del pubblico, bisogna considerare che la cittadinanza argentina si trovava in uno stato di grande frustrazione. Le esperienze di Macri e di Alberto sembravano aver confermato il sentore che i partiti tradizionali non fossero più capaci di rispondere alle sfide del presente.
È in questo quadro che Milei ha fatto leva su un’arma dalla portata potenzialmente micidiale: i meme. In verità, la loro apparizione ha molto a che fare con l’elettore spontaneo di Milei, che è, tendenzialmente, molto vicino alla cultura di Internet. Si tratta di una forma di comunicazione costruita dal basso verso l’alto su cui nessun altro partito argentino ha potuto contare, essendo ancora molto legati all’impulso militante e alle campagne tradizionali. «Grazie ad un’ottima padronanza della semiotica memetica, tutto quello che faceva Milei, sia nella vita reale sia su Internet, veniva caricato in rete. Nonostante continuasse a sembrare un outsider, senza un grande apparato politico o un’esperienza consolidata, aveva molta gente che lo supportava contro i grandi dispositivi comunicativi tradizionali. Quindi ognuna di queste vittorie comunicative, stava ancora una volta rafforzando l’idea che continuando a memare, potremmo mettere in piedi una figura presidenziale forte. C’era attorno a lui un forte senso di comunità, forse perché il pubblico di Internet potè finalmente identificarsi in qualcosa. La sensazione fortemente anti-sociale sprigionata dalla figura di Milei permetteva a queste persone di percepirlo quasi come fosse un loro avatar».
Quando gli altri partiti argentini si resero conto che avrebbero dovuto – o quantomeno potuto – provare a ribattere “a suon di meme”, la situazione era ormai troppo avanzata. Non si trattava, infatti, solo di memare: l’idea del mileismo di quali fossero i problemi dell’Argentina e quali fossero le possibili soluzioni erano tanto chiare da permettere ai militanti digitali di diffondere facilmente i suoi messaggi. La mancanza di chiarezza risultava letale per la solidità degli altri partiti.
Tuttavia, molti osservatori non possono che chiedersi: questa strategia, molto efficace durante la campagna, risulterà altrettanto forte come strategia di governo? Juan Ruocco risponde che il cambio di ruolo implica indubbiamente un cambio di strumenti. Personaggi come Trump, Bolsonaro o anche la Meloni sembrano molto disturbanti durante le loro campagne, ma, raggiunto il potere, perdono sicuramente un po’ di questo tipo di appeal. Questo spiega in parte il motivo per cui molte persone che hanno votato per Milei, ad oggi, non sono più schierate a suo favore. I meme saranno anche efficaci e divertenti, ma sul lungo periodo si impone la realtà. Nonostante il concetto di post-verità sembri invitare a continuare a vivere in un mondo di fantasia, ci sono dei limiti a questo fenomeno che permettono alle persone di capire le differenze tra un buon governo e un cattivo governo e, eventualmente, di riaggiustare le proprie preferenze.
Facendo riferimento all’ambito internazionale, l’esperienza di Milei presenta, secondo il giornalista argentino, almeno due connessioni. Sicuramente, c’è una connessione discorsiva molto forte, collegata a una visione molto popolare dalla crisi del 2008 che intende dare più potere alle imprese e agli individui a discapito dello Stato. Ma si parla anche di una vera e propria connessione istituzionale: Milei è parte di una rete di alleanze, tra cui think thank e organizzazioni come Vox che finanziano politici di questa estrazione. In particolare nel mondo post-pandemico, dove molte istituzioni internazionali hanno creato un enorme malcontento per la loro gestione della situazione, personaggi come Milei sono stati celebrati per aver sfidato la loro autorità. Si parla di andare all’ONU e accusare l’assemblea di essere tutti comunisti. I sermoni in cui diffonde il suo vangelo libertario finiscono per essere molto accattivanti.
Dunque, se da un lato si può affermare che Milei sia il prodotto di tendenze mondiali, dall’altro non si può negare che abbia sviluppato un personaggio originale. Secondo Juan Ruocco, il presidente aveva un’agenda molto chiara del tipo di politico che voleva essere. Dall’inizio, Milei si è presentato come il paladino di una lotta mondiale, che si estende ben oltre i confini dell’Argentina. Parafrasando Trump, c’era da combattere contro “un’elite globale” che cerca di imporre un certo lifestyle. Ma le idee nordamericane sono state presto retro-alimentate da pareri propri a livello economico, sociale e politico. Sottraendo il ruolo a Bolsonaro, Milei si è imposto come il riflesso latinoamericano di Trump, il vero rappresentante regionale di questa regione.
Come tutti i giochi di specchi, però, un riflesso dipende dall’altro e così, le elezioni nordamericane e la vittoria o meno di Trump rappresenteranno un potenziale momento di espansione o di contrazione del progetto mileista.
Autore
Sara Marseglia
Autrice
Laureata in Scienze Politiche, oggi studio Organizzazione dei Media, dell’Informazione e delle Culture. Ho iniziato a scrivere perché faccio troppe domande alle persone e volevo metterle da qualche parte. Sono nata nella generazione giusta perché amo i meme e Internet