Come internet ha unito patriarcato e capitalismo

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Andrew Tate, ex campione del mondo di Kick Boxing, è dal 2016 a tempo perso guru dell’«uomo nuovo». Nuovo in teoria, ma in pratica ricalca quello dell’Inquisizione spagnola, con una spruzzata da cattivo di James Bond, e il savoir faire da primo appuntamento di Ted Bundy. Arrestato insieme al fratello in Romania, nel dicembre del 2022, con l’accusa di stupro e traffico umano a scopi sessuali, Tate è oggi libero in attesa di processo, senza possibilità di lasciare il Paese. 

Se la cosa non fosse già abbastanza inquietante, nonostante lo scandalo, rimane ancora una delle figure più cercate e condivise sui social. Un sondaggio pubblicato lo scorso giugno dalla testata Vice e condotto su un campione di 1200 giovani inglesi tra i 16 e i 25 anni, di genere ed etnia differenti, ha evidenziato come il 20% degli intervistati abbia espresso ammirazione per Andrew Tate

I suoi video motivazionali e le interviste controverse hanno invaso da tempo Instagram e TikTok. Ama spesso parlare della sua idea di famiglia tradizionale, dove l’uomo porta i soldi in casa e la “sua” donna gli fa trovare la cena in tavola. Ovviamente una donna in carriera non può essere tollerata, una donna sprovvista della protezione di un uomo non è contemplabile e una donna che abbia avuto più partner sessuali che matrimoni non merita perdono; su questo Andrew e la sua setta sono categorici. Ma per gli uomini, invece, la poligamia è calorosamente incoraggiata, in quanto segno di potenza economica e sessuale. 

Per i seguaci del Tate’s Mindset l’uomo deve essere intrinsecamente pericoloso, competitivo, mosso da un’ambizione maniacale, e visceralmente incline alla violenza. Per avere questo potere servono forza fisica, finanziaria e psicologica. Tre cose che si possono ottenere al modico prezzo di 39 sterline mensili proprio nell’accademia di Tate, in origine battezzata Hustler’s University ed ora, fresca di rebranding, The Real World. Un campus digitale con più di 100 mila iscritti. Il piano di studi si basa su corsi di investimento generici, life coaching, fitness ed ovviamente i consigli del suo Magnifico Rettore, Andrew Tate, col nome in codice di Morpheus: l’unico in grado di vedere oltre la cortina di fumo della società occidentale, che a suo dire vorrebbe gli uomini schiavi, ciechi e debosciati.

Andrew Tate non è un fenomeno isolato, ma è l’apice – o meglio il fondo – della nuova frontiera digitale percorsa dalla propaganda machista tossica. La mascolinità rude, padrona, edonista non trova più spazio nella letteratura popolare (eccetto il bestseller del general Vannacci, ovviamente) e anche il cinema e lo streaming le hanno voltato le spalle. 

I “veri” uomini, palestrati, cinici, vincenti,  adesso aprono podcast e streammano dalla loro cameretta mettendo in bella vista il poster di The Wolf of Wall Street. In questo mare di spazzatura patriarcale e consumistica bollata sotto la parola MINDSET a lettere cubitali, navigano milioni di utenti dalla più tenera età ai pensionati. Ed ecco che acceso uno smartphone inizia la pioggia scrosciante di immagini di Lamborghini, dollari e donne in bikini e la frase in dissolvenza che ci ripete: prendili se sei un vero uomo, o rimani un perdente per sempre. Orde di latin lovers digitali che sviscerano i segreti della manipolazione, ventenni in giacca e cravatta che elencano i trucchi per diventare milionari mentre editano video di grattacieli a Dubai e poi i maestri della mentalità vincente che snocciolano i segreti della virilità. Sono solo alcuni dei gironi infernali di questa divina commedia dell’assurdo.

Iniziano sempre con slogan innocui: credi in te stesso, sii positivo, coraggio e costanza premiano. Poi però arriva il sottotesto, nella maggior parte dei casi esplicito, che piano piano raggiunge il cervello: un uomo deve far così; un uomo deve essere così; un uomo deve voler questo. Ed ecco che accendiamo i riflettori e ritiriamo fuori dall’armadio le nostre uniformi da maschi, quei vessilli che ci danno potere, mentre annientano la nostra individualità: indossiamo le vesti del pater familias, abbracciamo il fucile del soldato, prendiamo i tirapugni del guerriero e la ventiquattro ore del capitalista. E poi facciamo quello che sappiamo fare meglio, che da sempre ci rende uomini: competere. Il premio, che siano donne, soldi o benessere, non conta davvero, l’importante è vincere e far soccombere l’altro, perché la supremazia sembra la risposta più facile alla domanda del perché esistiamo.

Il patriarcato è in mutande

L’erosione concettuale dell’ordine virilista e patriarcale innescata dalla secolarizzazione neocapitalista e dall’insorgere del movimento neofemminista intorno agli anni 70, ha lentamente denudato l’uomo delle sue maschere sociali. 

Come ha perfettamente descritto Sandro Bellassai nel suo articolo I vestiti perduti dell’Imperatore. La nuova nudità maschile, l’uomo di fine secolo ha perso la condizione fondamentale del proprio privilegio, la sua invisibilità di genere, che lo rendeva un concetto etereo, supremo e perciò invincibile. Ma l’intoccabilità del potere per nascita dietro il quale si nascondeva è decaduta, ed il re è rimasto con le braghe calate e senza corona, di fronte a tutti i suoi sudditi. Così per la prima volta nella storia umana gli uomini venivano sessualizzati, sviscerati e criticati, retrocessi dall’essere tutto ad una semplice parte del tutto. 

Ma cos’è l’uomo una volta estratto dal proprio ruolo di potere? Sicuramente una creatura confusa, libera dalle catene del suo personaggio, ma spaventata dalla sua vulnerabilità. Rimane un soldato senza più una guerra, un padrone senza proprietà, un ex sovrano in tempo di democrazia. E può decidere se reinventarsi o diventare folle inseguendo il passato. 

Il progresso delle nuove generazioni ha martoriato quel dio, il patriarcato, che rendeva Adamo padrone del mondo e servo della propria missione, comandare. Senza più quell’immagine divina nella quale specchiarsi e riconoscere sé stesso, l’uomo non sa più chi è e quale sia il suo scopo. Deve ricominciare da capo, trovare un suo personale modo di sentirsi completo e forte, ora collaborando e non più dominando. 

Decostruirsi come re/servo e ricomporsi come individuo libero. Questo è l’atto di forza attraverso cui può ritrovare la sua reale virilità.

Ma il patriarcato non è morto, e la sua alleanza con la macchina capitalista si fa più perversa tanto più i nemici diventano forti. Ed ecco che misoginia, mito della ricchezza e culto del potere si ricompattano in una giovanile veste social, ed il modello dominante di uomo, con tutti i suoi travestimenti ed i suoi ferrei dettami, torna a tiranneggiare, pretendendo di distinguere ciò che è uomo da ciò che è anomalia, ciò che è forte da ciò che è debole. E like dopo like torniamo tutti schiavi.

Autore

Luigi Briante

Luigi Briante

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Sono un inguaribile logorroico, nemico giurato del dono della sintesi, ma stiamo scendendo a patti per il bene dei lettori e di chi mi incontra nei pub. Drink preferiti: gin tonic e latte e menta, entrambi rigorosamente con ghiaccio. Professionista da cui traggo ispirazione? Geronimo Stilton. Animale guida: Martin Scorsese.

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