Quello di maternità è un concetto che vediamo continuamente rimesso in discussione nella storia e nel mondo. Sulla terra esistono animali che affidano l’accudimento della prole agli esemplari maschi, mentre le femmine si occupano di procacciare il cibo. L’idea di maternità associata all’immagine della mamma come unica responsabile sociale dell’accudimento del figlio non è esente dalla possibilità di essere rimessa in discussione, come mi è capitato di osservare recentemente leggendo il libro di Guadalupe Nettel La figlia unica. All’interno del racconto, ad esempio, l’autrice mostra come la rappresentazione della figura “madre” sia un qualcosa di molto più fluido di quello che il più delle volte siamo portati a pensare, tanto che spesso la maternità può diventare un qualcosa di condiviso all’interno di nuclei familiari composti da più persone, anziché dalle due figure “padre” – “madre” convenzionali.
Un altro esempio particolarmente rilevante per interrogarci sul concetto di maternità può essere rappresentato dalla serie TV The Handmaid’s Tale (in italiano Il Racconto dell’Ancella), basata sull’omonimo romanzo distopico di Margaret Atwood. La trama, costruita attorno all’immaginario di un futuro minacciato dall’infertilità umana, mostra una società teocratica divisa in nuove classi sociali tra cui, appunto, le ancelle, donne fertili deputate alla procreazione. Ogni ancella è assegnata ad una coppia infertile e, una volta rimasta incinta, la sua maternità verrà condivisa simbioticamente con la padrona di casa, fino al momento del parto, quando il bambino verrà affidato alla madre “legittima”.
Nonostante la storia voglia mettere in luce le atrocità di una società in cui alle donne viene negato ogni sorta di diritto, svelando anche i lati oscuri che pratiche come quella della maternità surrogata possono portare con sé, tuttavia la distinzione tra bene e male si fa molto più flebile nel rapporto tra le due protagoniste, June e Serena. June, ancella dei Waterford, elabora un rapporto complesso con la sua “padrona” Serena, che va al di là delle categorie sociali conosciute. Nonostante da un lato Serena si mostri oppressiva e violenta con la sua ancella, d’altro canto non sono poche le occasioni in cui tra le due donne sembra svilupparsi un rapporto di alleanza e di rispetto reciproco. Quando nasce la figlia di June, infatti, Serena vive la maternità in un orizzonte di significati che va oltre l’immaginario collettivo e la natura.
Il Racconto dell’Ancella è una possibilità di riflessione per chiunque sia interessato ad approfondire che cosa voglia dire essere “donna”, innanzitutto, e “madre”, poi. La storia ci mostra quanto possa essere difficile incastrare all’interno di categorie pre-impostate concetti come quello di famiglia e di maternità e oggi, nel giorno della festa della mamma, tale riflessione si riempie di significato. È possibile che lo schema a cui siamo stati abituati della donna-madre abbia dei confini mobili?
Autore
Mi sono laureata in Filosofia a Roma. Ho vissuto per un po’ tra i fiordi norvegesi di Bergen e prima di questa esperienza mi reputavo meteoropatica, ora non più. Mi piace la montagna, ma un po’ anche il mare. Il mio romanzo preferito è il Manifesto del Partito Comunista e amo raccontare le storie.