Qualche mese fa ho visto Siccità di Paolo Virzì. Un film fin troppo reale per rappresentare l’apocalisse della crisi ambientale, in una Roma che è molto più simile a quella dei giorni nostri che a quella di un presente distopico. Oggi è l’Earth Day e ripensando alla siccità che oggi colpisce l’Italia, la Francia e la Spagna, penso che non ci sia molto di cui andare fieri, perché non abbiamo cambiato nulla.
Ieri. L’inizio della lotta per l’ambiente
Il 28 gennaio 1969 nel Canale di Santa Barbara, in California, a 10 km dalla costa, un’esplosione su una piattaforma della Union Oil provocò la fuoriuscita di circa 80.000-100.000 barili di greggio. Nel 1970, a un anno dal disastro naturale, il senatore del Wisconsin Gaylord Nelson annunciò ai media nazionali l’idea di un teach-in nei campus universitari, convincendo Pete McCloskey, un membro del Congresso repubblicano, a esserne co-presidente. Denis Hayes, un giovane attivista, fu reclutato per organizzare le lezioni nei campus. Per incoraggiare la presenza degli studenti, scelsero come data il 22 aprile, un giorno feriale che cadeva tra le vacanze di primavera e gli esami finali. Presto l’evento prese il nome di Earth Day.
Si assistette a un raro allineamento politico: il primo Earth Day fu capace di raccogliere il sostegno di repubblicani e democratici, ricchi e poveri, abitanti delle città e agricoltori, imprenditori e leader del lavoro. La prima Giornata della Terra portò poi alla creazione dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti e all’approvazione di altre leggi ambientali, tra cui il National Environmental Education Act, l’Occupational Safety and Health Act e il Clean Air Act. Due anni dopo il Congresso approvò il Clean Water Act.
Nel 1990 la Giornata della Terra divenne globale, mobilitando 200 milioni di persone in 141 Paesi e portando le questioni ambientali sulla scena internazionale. Contribuì, quindi, a spianare la strada per la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo del 1992 a Rio de Janeiro, la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente.
Oggi. Una Terra arida e stanca
Nel 2023 l’Earth Day rappresenta ancora una giornata in cui l’umanità riflette sul proprio operato. Le persone si indignano per l’aumento delle temperature e lo scioglimento dei ghiacci. Discutono tra loro di deforestazione, fast fashion e alimentazione responsabile. Eppure, più di cinquant’anni dopo, non è possibile affermare che la distruzione del Pianeta sia stata fermata. Al contrario, la Terra assume ogni giorno di più le sembianze di uno scenario apocalittico. Così, guardando The Last of Us – una delle ultime serie tv prodotte da HBO – le persone, spaventate, osservano ciò che, nel peggiore dei casi, le attende.
Secondo l’European Environment Agency (EEA), nel 2020 la concentrazione totale di gas serra e di altri agenti forzanti, compresi gli aerosol raffreddanti, ha raggiunto 465 parti per milione (ppm) di CO2 equivalenti: ovvero circa 49 ppm in più rispetto a dieci anni fa e 185 ppm in più rispetto all’epoca preindustriale. In particolare, la concentrazione media annua di CO2 ha raggiunto 412 e 414ppm rispettivamente nel 2020 e 2021, pari al +147% rispetto ai livelli preindustriali.
La concentrazione nell’atmosfera dei gas serra è tra i principali responsabili del riscaldamento globale. Così, parallelamente all’aumento della quantità di gas serra presenti nell’atmosfera, si assiste all’aumento delle temperature. I dati del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, in riferimento alle anomalie della temperatura superficiale globale media mensile rispetto al periodo 1951-1980, mostrano dal 1880 a oggi un aumento di +1.39 °C, pari al 772%. Questi valori, riguardano la crescita delle temperature meteorologiche e oceaniche insieme.
L’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera e, di conseguenza, la crescita delle temperature del Pianeta non sono prive di conseguenze. Tra il 1979 e il 2023, al Polo nord la superficie dei ghiacci per il mese di febbraio è diminuita del 12%, passando da 16 a 14 milioni di km². Non solo. Dai dati dell’University of Hawaii Sea Level Center (UHLSC) emerge che tra il 1970 e il 2020 è aumentato di 122.71 mm, ossia del 201%.
Oggi, poi, l’ultima mappa del European Drought Observatory (EDO) evidenzia che il 24,6% del territorio dell’Unione Europea è in condizioni di allerta. Nel report di marzo 2023 l’EDO già denunciava: “Gli impatti della siccità emergente sono già visibili in Francia, Spagna e Italia settentrionale e destano preoccupazione per l’approvvigionamento idrico, l’agricoltura e la produzione di energia”. In particolare, secondo lo stesso rapporto, nel Nord Italia la mancanza di precipitazioni sta riducendo i flussi fluviali (dal 30% al 70% in meno rispetto alla media) e lo stoccaggio nei principali laghi (dal 40% al 15% del riempimento). Il livello dell’acqua nel fiume Po è inferiore al minimo storico. La portata misurata a Torino è di 15,7 m3/s contro un valore medio per lo stesso periodo di oltre 60 m3/s.
Autore
Ilaria Ferraresi
Autrice
Nata a Ferrara, tra la nebbia e le biciclette. Quando non ho la testa tra le nuvole, mi piace nascondere il naso nelle pagine di un libro o dietro una macchina fotografica. Scrivo di lotte e diritti, mi piace raccontare dei posti e della gente di cui nessuno parla mai. Frequento assiduamente i mercatini dell’usato e al tiramisù non dico mai di no, queste sono le uniche regole di vita che mi so dare.