La vaccinazione contro il Covid-19: tra Occidente e Terzo Mondo
Il ritorno alla normalità sembra accelerare, anche l’Occidente ha autorizzato il primo vaccino per combattere il coronavirus. Solo che a muoversi non sono stati, come in molti avevano previsto, gli Stati Uniti.
In questo momento nel Regno Unito ci sono più di sedicimila contagiati giornalieri, quasi lo stesso numero di ricoverati in ospedale e più di seicento morti al giorno. È questo il motivo che ha portato all’accelerazione del procedimento per l’autorizzazione del vaccino prodotto dalla statunitense Pfizer e dalla tedesca BioNTech, avvenuto la scorsa settimana. La sua produzione è partita dieci mesi fa e, nella terza fase di sperimentazione aveva dimostrato un’efficacia pari al 95%. Le prime somministrazioni sono partite martedì e la prima persona a essere stata vaccinata è la novantenne Margaret Keenan. Si stima che il Regno Unito abbia già preventivamente acquistato quaranta milioni di dosi, da somministrare due volte per una singola persona partendo dal personale medico e sanitario.
L’accelerazione
La rapidità nell’approvazione, soprattutto se paragonata a quella USA, è dovuta alle differenti modalità di valutazione. Come spiegato in un articolo del New York Times , le istituzioni statunitensi si basano sull’utilizzo dei cosiddetti raw data, mentre quelle britanniche e, in misura minore, quelle europee fanno maggiore affidamento sulle analisi interne alle società farmaceutiche, indagando oltre solo in caso di eventuali anomalie.
Un altro dettaglio in grado di accelerare l’approvazione è da ricercarsi tra le conseguenze della Brexit. Di pari passo alla separazione economica, non ancora risolta, il Regno Unito è stato in grado di potersi scostare dalle regolamentazioni europee. La European Medicines Agency, infatti, si riunirà per discutere del vaccino Pfizer-BioNTech il 29 dicembre. Bisognerà dunque ascoltare i rappresentati dei ventisette paesi che compongono l’Unione Europea, procedimento che potrà richiedere anche una settimana di tempo, mentre negli Stati Uniti il vaccino Pfizer è stato approvato nella giornata di ieri dalla Fda.
Le alternative
Nonostante le importanti performance, questo non è l’unico vaccino pronto ad esser lanciato sul mercato. È importante segnalare quello prodotto dall’Università di Oxford in collaborazione con Astrazeneca, che ha conseguito un tasso di successo del 70% con punte del 90%. C’è inoltre quello prodotto dalla statunitense Moderna, che in fase tre ha totalizzato il 95,1% di efficacia in casi normali ed il 100% in casi severi. Quest’ultimo, inoltre, ha già una data di discussione: il 12 gennaio. Oltre a questi, che sono i più famosi, ci sono altri vaccini in fase di ricerca e sperimentazione. Si stimano 58 vaccini già in fase di test sugli uomini e 87 sui quali si sta svolgendo ancora la sperimentazione sugli animali.
Ed in Cina e Russia?
Nel paese in cui si sospetta abbia avuto origine la pandemia, la Cina, si sta già sottoponendo parte della popolazione alla vaccinazione, nonostante il vaccino sia ufficialmente ancora in fase di test. Il vaccino prodotto dal China National Pharmaceutical Group (Sinopharm) è stato somministrato a quasi un milione di persone. Questo vaccino non è stato utilizzato esclusivamente in Cina: a settembre gli Emirati Arabi sono stati i primi ad approvarlo. A causa della scarsità di informazioni rilasciate dalle autorità cinesi, lo scetticismo verso questi farmaci è alto.
In Russia, subito dopo i primi annunci di Pfizer-BioNTech, c’è stata una conferenza stampa tenutasi a Mosca dove il Gamaleya National Center of Epidemiology and Microbiology ha dichiarato che il proprio vaccino, lo Sputnik V, ha raggiunto tassi di successo del 92%. Anche su questo non sono state risparmiate le critiche.
La Guerra dei Ricchi
Fin da prima delle conferenze stampa, da prima che fossero noti i dati riguardo questi vaccini, tra gli Stati si è scatenata una vera e propria guerra al rifornimento. Milioni su milioni spesi per accaparrarsi anche una singola dose in più del vaccino. Del resto, è evidente quanto forte abbia colpito la crisi economica: i primi Paesi che riusciranno ad uscire dalla pandemia saranno anche i primi a poter ripartire e cercare di superare il crollo economico. Quello al quale si rischia di dover assistere è una monopolizzazione della salute.
Per scongiurare questa possibilità è stato istituito il Covax, con a capo l’Organizzazione mondiale della sanità e la Cepi (finanziata tra gli altri da Bill e Melinda Gates). Tra i partecipanti, i Paesi ad alto reddito pagheranno le proprie dosi mentre quelli a basso reddito le riceveranno gratuitamente. Eppure, non è tutto così semplice: come visto in precedenza, molti Paesi hanno già acquistato attraverso accordi bilaterali le prime importanti dosi e, soprattutto, un colosso come gli Stati Uniti non ha ancora ratificato la partecipazione al progetto. Nonostante ciò, i leader del G20 a fine novembre hanno nuovamente ribadito la necessità di una corretta distribuzione del vaccino.
Le cifre in questione sono enormi. Parliamo di miliardi spesi in investimenti pubblici da parte dei vari Paesi. Nonostante ciò, le nazioni non possono sperare di debellare questa minaccia contando esclusivamente sulle proprie forze: per superare la Pandemia, c’è bisogno mai più che adesso di cooperazione internazionale.
Nonostante il sopracitato Covax, è impensabile poter fornire esclusivamente il vaccino dimenticandosi delle immense competenze logistiche e di trasporto necessarie per il perfetto mantenimento dei farmaci. Ad esempio, il vaccino Pfizer-BioNTech ha bisogno di frigoriferi in grado di tenere la temperatura a -70 gradi. In questo momento a Nuuk, capitale della Groenlandia, ci sono -10 gradi. Come è osservabile, l’impegno necessario non sarà indifferente.
Autore
Milanese di nascita, barese per adozione. Studio International Business Management e scrivo per passione. Amo la storia e tutto ciò che è conoscenza. Tifo Milan da quando Paolo Maldini incantava sulla fascia sinistra. Ho sempre un libro in più da leggere ed una storia in più da raccontare.