“Trauma” degli Psicologi: il racconto di una generazione che le altre generazioni dovrebbero ascoltare

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Lo scorso 29 aprile gli Psicologi hanno pubblicato il loro ultimo lavoro discografico, Trauma; racconto sincero e diretto di come ci si senta ad avere vent’anni, al giorno d’oggi, in Italia.

Drast e Lil Kaneki – o Marco e Alessio, se preferite – che insieme formano, appunto, gli Psicologi, del resto, hanno fatto sì che la loro musica fosse specchio della propria generazione sin dall’ep d’esordio, 2001. Da allora, sebbene i loro testi siano diventati indubbiamente più riflessivi, l’intento di raccontare i sogni e i tormenti dei propri coetanei è rimasto inalterato, anzi, potremmo dire che si è addirittura rafforzato.

Trauma è, infatti, un vero e proprio disco generazionale in cui si dà spazio e, soprattutto, voce ai ventenni di oggi. Non mancano naturalmente i brani che parlano d’amore (basti pensare a Sui muri, singolo che ha anticipato il disco ottenendo un grandissimo riscontro), anzi, l’amore è proprio uno dei principali motori di questo album e diviene spesso un pretesto per riflettere su se stessi e dar voce ai propri conflitti interiori, come accade nel feat con Franco 126, Libero:

Anche stasera devo avere a che fare con me e fare i conti con domande che non vorrei mai pormi (…) Da queste parti i sogni non hanno mai vita facile e ho imparato a mie spese quanto costa essere fragile.

Nonostante l’importanza manifesta della componente introspettiva, che ritroviamo in brani come questo, il punto di forza di Trauma sta, però, nella scelta di una narrazione corale che si preoccupa di dar voce a una collettività impegnata ad affrontare il trauma della crescita. Pagine, Tutto bene e Medicine sono, indubbiamente, i brani in cui questa scelta si percepisce di più, ma l’intento del progetto, in realtà, appare evidente sin dalla copertina dell’album.

Nella copertina di Trauma vediamo, infatti, gli Psicologi assieme a un gruppo di amici, in un ritratto in bianco e nero che si fa rappresentazione di un’età non più spensierata che sembra aver perso colore.

Inoltre, in un video, pubblicato sui profili social degli artisti poco prima dell’uscita del disco, quegli stessi ragazzi raccontano alla telecamera stralci importanti del proprio vissuto che ritroviamo, poi, sviluppati nei diversi brani: cosa è successo ad ognuno di loro dopo la fine della scuola, com’è stato l’approccio all’università, per alcuni, e al mondo del lavoro, per altri, qual è il loro rapporto con l’amore, con la famiglia e con la politica.

Insomma, gli amici di Marco e Alessio non rappresentano altro che uno spaccato dei ventenni di oggi e Trauma si fa così testimonianza e manifesto di quella fase piena di incertezze che si colloca tra la fine dell’adolescenza e l’inizio di un’età che, seppur non può definirsi ancora propriamente adulta, comporta, inevitabilmente, una maggiore presa di consapevolezza della realtà e dei meccanismi che la abitano. Il confronto con il mondo dei grandi per alcuni è immediato e avviene già alla fine del liceo, mentre per altri viene rimandato al termine dell’università. Fatto sta che, prima o poi, toccherà a tutti prender parte a uno scontro frontale tra i propri sogni e una realtà che, soprattutto negli ultimi anni, sembra essere più che mai arida per i giovani. Questo quadro viene delineato sin dal primo singolo, Pagine:

Abbassare le aspettative, sperando che farlo renda tutto migliore. Disegnare un mondo perfetto per scoprire alla fine di non avere il colore.

L’impatto con una realtà diversa da quella immaginata implica, inesorabilmente, una situazione di conflitto, in primis con se stessi e poi con il mondo circostante, che, però, il più delle volte si tende a far passare sotto silenzio, fingendo che vada Tutto bene:

Vorrei sentire un brivido. Cosa succede se mi lascio cadere? Fuori c’è il sole e non si scioglie la neve e grido ancora contro quella parete. Non so chi sono e neanche cosa volere. Ma va tutto bene, ma va tutto bene.

Tra tutti, il brano che meglio racconta come si sentono davvero i giovani d’oggi e cosa sono obbligati a vivere è Medicine. Si tratta di una canzone che non ha bisogno di molte spiegazioni e che dovrebbe essere ascoltata da tutti quegli imprenditori o simil tali che ultimamente riempiono le pagine dei giornali affermando che i giovani non hanno voglia di lavorare:

Un mio amico lavora dieci ore, ogni notte dieci euro, dice: «facevo più soldi quando vendevo». Un altro con la laurea ad honorem spazza nei cessi a nero, dice: «vivevo meglio se mi uccidevo». Una mia amica per pagare l’università lavora in un bar e il capo è uno schifoso malato. Un altro amico dopo due anni in casa sta uscendo di testa , ma ormai per lo stato è un drogato.

Gli Psicologi sfruttano il loro punto di vista sul mondo, che altro non è che il punto di vista di due ventenni che, grazie al loro talento, stanno concretizzando i propri sogni, per raccontare storie di vita di chi quei sogni non riesce ancora a realizzarli e non per mancanza di voglia o di talento, ma semplicemente perché ogni persona ha una storia a sé e proprie difficoltà che non possono essere paragonate a quelle di un’altra.

E così la chiave del successo della musica degli Psicologi si ritrova, ancora una volta, nella condivisione con la propria generazione: le loro canzoni piacciono così tanto perché permettono di riconoscersi e di sentirsi compresi. 

Nei testi di Trauma non ci sono belle storie preconfezionate, nessun insegnamento da seguire per raggiungere il successo, nessun messaggio del tipo “se vuoi puoi” e “se non ci riesci è perchè non lo vuoi abbastanza” ma c’è, invece, la narrazione disincantata di una realtà che, ultimamente, offre sempre meno stimoli anche ai giovani più ottimisti e volenterosi. 

Ovviamente quella  di Trauma non è e non vuole essere solo una narrazione a tinte fosche. Lo dimostrano la presenza di brani  più leggeri, come Colore o Umore (feat Ariete) e le stesse dichiarazioni di Marco e Alessio nelle interviste che hanno accompagnato l’uscita dell’album: da un trauma, infatti, possono nascere anche risvolti positivi. 

Autore

Classe 1997. Ho una laurea in Italianistica ma provo a scrivere di musica mentre sogno la sala stampa di Sanremo.

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