QAnon non è morto. Viva QAnon

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«Non so molto di questa gente, ma sembrano amarmi molto, e questo è bene». È passato meno di un anno da quando Donald Trump, in conferenza stampa, si era esposto in modo diretto sulla questione QAnon. Sembra passata un’era geologica dal giorno dell’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, dal protagonismo mediatico di Rudy Giuliani, dai bollettini di morti da COVID-19 che vedevano sempre al primo posto gli Usa. Eppure, sono passati solo sei mesi. Trump, privato dei social, del suo Sancho Panza Rudy Giuliani e travolto da grane giudiziarie sempre più gravi, pare meno minaccioso. Ma cosa è rimasto della sua “religione laica” che lo vede come il salvatore dell’umanità da una cabala di pedofili che bevono il sangue di bambini per ringiovanire?

Tanto per cominciare: un piccolo ma agguerrito gruppo di parlamentari al congresso. Per ora si tratta solo di Lauren Boebert e (soprattutto) di Marjorie Taylor Greene: la deputata della Georgia si è dovuta scusare, il mese scorso, per aver paragonato le mascherine all’Olocausto. Inoltre, si è opposta (insieme a gran parte del Partito Repubblicano) alla creazione di una commissione indipendente d’inchiesta sui fatti di Capitol Hill: «Voglio che finisca questo clima di caccia alle streghe, e voglio che si pongano le domande giuste, per fare uscir fuori la verità». 

Il Partito Repubblicano ha preso le distanze da Trump, ma non da tutta la galassia QAnon, che rappresenta un pacchetto di voti particolarmente prezioso, soprattutto con Joe Biden che mantiene il consenso del 52% degli americani. Perciò, Broebert e Greene potrebbero avere a breve compagnia: per il Midterm 2022, per ora, sono in corsa 36 candidati riconducibili a QAnon. Se fossero tutti eletti, i seguaci di Q avrebbero un peso di quasi il 9% nel sistema parlamentare statunitense. A questi vanno aggiunti un numero enorme di eletti a livello locale, potenzialmente. Scusate se è poco. 

Poi, non va sottovalutato il fatto che, sebbene il numero di hashtag #stopthesteal, ferma il furto (delle elezioni del 2020, ndr) e #thegreatawakening (il grande risveglio) sia in calo sui social, questo non vuol dire che la cultura che li ha generati sia scomparsa. Tant’è che ancora il 15% degli americani crede nell’esistenza di questa cabala di satanisti. La difficoltà a debellare questo fenomeno deriva, secondo le politologhe Sophie Moskalenko e Mia Bloom, dalla sua capacità di inglobare altre teorie cospirazioniste su Covid, Black Lives Matter, politica americana e internazionale. Ad agitare le acque, anche qui, il tentativo di determinati personaggi di “mettere il cappello” sul movimento: prima di tutto Jim e Ron Watkins, il fondatore del sito 8Chan e suo figlio. Nato per promuovere il sito pornografico giapponese di Jim, 8Chan è oggi la quinta colonna dell’hate speech per i suoi detrattori, del libero pensiero per i suoi adepti. Non essendoci alcun tipo di censura, anche di contenuti para-legali, 8Chan è diventato il porto sicuro per molti adepti di QAnon “scacciati” dai social mainstream. A loro si aggiungono negazionisti del Covid-19, estremisti religiosi, i protagonisti di alcune sparatorie per le strade degli Stati Uniti. In un documentario prodotto da HBO, Ron ha asserito, in maniera molto sottile, che potrebbe essere lui Q, il mitico fondatore della teoria. Malgrado le smentite successive, al momento essere riconosciuto come Q varrebbe il sostegno di una bella fetta dell’opinione pubblica americana.

Lo stesso Trump non si arrende e cerca di fare una seconda scalata al GOP: il 26 giugno era in Ohio, in un evento elettorale per cercare di rilanciarsi. Tutto era “molto Trump”: gli slogan, l’organizzazione, le parole d’ordine. Se non ci fossero stati dei cartelli “Trump 2024”, sarebbe potuto sembrare un comizio di fine 2020. Di QAnon l’ex presidente non ha parlato direttamente, ma sul palco con lui a incitare la folla c’era l’immancabile sacerdotessa di QAnon, Marjorie Greene (una deputata in carica, lo ricordiamo): «Chi è il vostro presidente? Il mio è Donald Trump!». Il magnate newyorkese aveva detto che sarebbe tornato «in qualche maniera», al momento di lasciare la Casa Bianca.

Il partito repubblicano mantiene una posizione un po’ ambigua sulla faccenda: prende le distanze dall’ex presidente, ma allo stesso tempo non sostiene la ricandidatura di sei dei sette senatori che hanno votato per il suo impeachment.

A non far dormire sonni tranquilli all’amministrazione americana è anche un rapporto dell’FBI, Adhérence to Qanon Conspiracy Theory by some Domestic Violent Extremists, in cui si mette in guardia dal rischio di radicalizzazione dei credenti di QAnon, che da soldati digitali si potrebbero trasformare in attentatori veri e propri. A rendere il tutto ancora più inquietante, un tweet di Mike Pompeo, che invita i suoi supporters a diventare dei “Pipehitter”. Nella didascalia, viene specificato che si tratta di chi «lotta per il proprio futuro ed è incontrovertibilmente americano». Altri tweet di Pompeo, in modo più o meno volontario, strizzano l’occhio a QAnon: una cosa che desta preoccupazione, considerando che l’ex segretario di Stato è uno dei papabili per la candidatura a presidente del 2024.

QAnon fuori dagli Stati Uniti

QAnon è un problema solo degli americani? Certamente no. In Europa, nell’ultimo anno, la sua crescita è stata parzialmente messa in ombra da quella di gruppi complottisti legati alla pandemia. Ma questa crescita c’è e negli ultimi mesi ci sono stati anche episodi inquietanti: il più eclatante è stato il rapimento di una bambina in Francia, Mia Montemaggi, da parte di sua madre Lola e di un commando d’estremisti di destra. Lo scopo, secondo uno di loro, era di salvare la ragazzina dalla «rete di pedofili» che ha il controllo delle scuole francesi. Proprio Gilets Jaunes e antivaccinisti sembrano essere il “bacino di reclutamento” più importante per QAnon in Francia. Addirittura, il fenomeno comincia anche ad avere le sue sponde parlamentari in Europa: Alternative für Deutschland, il partito neonazista tedesco che veleggia intorno al 10%, ha una portavoce nel Nord Reno-Vestfalia apertamente sostenitrice di Q. Contro la cabala di satanisti, oltre alla gente comune, si schierano anche imprenditori, influencer, personalità dello spettacolo. In Giappone, addirittura, QAnon è diventato l’avanguardia degli anti-imperiali: per loro, la famiglia dell’imperatore sarebbe stata sostituita da dei figuranti.

Sostenitori delle teorie QAnon giapponesi

E in Italia?

Fortunatamente il fenomeno da noi non sfonda, forse messo in ombra da altri complottismi nostrani e dai no-vax. Avendo forse una fama di sfascia-governi che lo precede, Matteo Renzi viene accusato dalla “Casa madre” americana di QAnon di aver dato in concessione i nostri satelliti militari a Obama, in modo da sabotare l’elezione di Trump. Una ricostruzione del Washington Post fa partire tutto da alcune ipotesi contel quotidiano La Verità e, in una catena lunghissima di passaggi oscuri e manipolazioni, lo fa arrivare fino al capo dello staff di Trump, Mark Meadows, che chiedeva al ministro della giustizia di aprire un’indagine sul caso. A marzo sono stati chiusi migliaia di account di QAnon: da quel momento in poi, tutto è rimasto “abbastanza calmo”.

“Renzi ha truccato le elezioni”: la teoria complottista che vedrebbe l’Italia in prima linea nella sconfitta di Trump

Quindi possiamo stare tranquilli? Forse no. La natura camaleontica di QAnon, il suo forte potenziale eversivo e il suo appeal su alcune frange della popolazione lo rende una minaccia concreta e in grado di crescere molto in poco tempo. Si possono ripescare fuori dalla “Tana del Bianconiglio” i sostenitori di Q? Thomas Huchon, giornalista francese specializzato in complotti e fake news, è scettico. «Il fact checking funziona solo con chi non è ancora dentro quel circuito» ha detto ai microfoni di Rts. Su tutto il mondo peseranno le scelte del Partito Repubblicano statunitense: meglio cercare un candidato presentabile e rischiare un’altra sconfitta (che potrebbe condannarli all’irrilevanza) o solleticare i propri elettori più complottisti con una campagna Trump, Pompeo o Ivanka 2024? Probabilmente lo capiremo meglio dopo il Midterm.

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Amo il data journalism, la politica internazionale e quella romana, la storia. Odio scrivere bio(s) e aspettare l'autobus. Collaboro saltuariamente con i giornali, ma mooolto saltuariamente

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