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Era stato lo stesso Pier Paolo Pasolini a definire un «testamento spirituale-intellettuale» le riflessioni e osservazioni che aveva fatto nel corso di una serie di incontri con il giornalista inglese Peter Dragadze.
«Per noi stranieri» racconta Dragadze, «Pasolini era un personaggio che rappresentava un’ Italia sconosciuta. I giornali e le riviste anglosassoni per cui lavoravo mi chiedevano spesso interviste con Pasolini, ma poi finivano col pubblicarle raramente perché le sue dichiarazioni e il suo stile risultavano difficilmente traducibili. Ciò nonostante, e benché io non condividessi molti dei suoi atteggiamenti politici e personali, continuavo a vederlo di tanto in tanto, anche perché avevo sempre amato la sua poesia. Questi incontri, ai quali partecipava anche mia moglie, avvenivano nel suo appartamento all’Eur, nelle trattorie di Campo de’ Fiori e di piazza Farnese o sul set dei suoi film. Nei sei anni della nostra amicizia, Pasolini aveva preso l’abitudine di chiamarmi “rompiscatole” perché continuavo a fargli domande per interviste che raramente vedevano la luce. Nell’ultimo dei nostri incontri gli sottoposi tutti gli appunti che avevo raccolto e che volevo utilizzare per un ampio servizio dedicato alla sua vita e alla sua opera. Ebbene, Pasolini prese i fogli, li riordinò, li riscrisse a macchina, aggiunse qua e là correzioni di suo pugno; e al momento di restituirmi il tutto, mi disse ridendo: “Questo è quasi un testamento spirituale-intellettuale. Se dovesse succedere qualcosa, Dragadze, lo tiri fuori. Credo che a qualcuno potrebbe interessare“».
Intellettuali russi
«A proposito delle condanne agli intellettuali russi, io giudico in uno stato d’animo particolare: nello stato d’animo, cioè, di chi è stato condannato dai tribunali italiani più o meno per le stesse ragioni (quattro mesi con condizionale per “vilipendio alla religione”, reato previsto in un Codice ancora fascista, a causa di un mio film, La ricotta). Non sono poi uno di quelli che dimenticano che, giustamente, i tribunali degli USA hanno condannato Pound; e che molti intellettuali americani hanno dovuto andare in esilio perché sospetti di marxismo, cioè di attività antistatale. Certo, per la Russia, il caso è più grave: non tanto per la severità delle condanne, quanto perché lo Stato anziché autodistruggersi, secondo la stupenda ideologia di Marx, si consolida sempre di più, attraverso la burocrazia, il militarismo, la polizia ecc. Quello che i cinesi chiamano revisionismo, insomma, addolcisce il rapporto tra produzione (statale) e consumatori (statali), ma non addolcisce affatto quell’orribile istituzione che è sempre e dappertutto lo Stato (il Potere)».
Cultura in Russia
«Molti scrittori russi sono miei amici; e per molti di essi, oltre che amicizia, ho anche stima. Però mi sembra che la cultura ufficiale russa (parlo di quella specificamente letteraria) sia pigra, noiosa, sedentaria, conformista, sentimentale e retorica. Evidentemente come c’è un’altra cultura americana, suppongo che ci sia anche un’altra cultura russa. Non vorrei però che fosse quella di Bulgakov».
Cultura italiana
«È una cultura di sedentari, tutti uguali fra loro, tutti piccoli borghesi e tutti integrati. I cattolici sono fieri del loro cattolicesimo, i laici sono fieri del loro laicismo. Le avanguardie sono casi di snobismo, e (beati gli avanguardisti che sono ancora così ingenui da credere in queste cose) di potere letterario! Non bisogna dimenticare che ormai l’Italia è, culturalmente, una provincia. E non bisogna dimenticare quello che dice Goldmann a proposito dell’ “omologia” tra una società e le opere letterarie che produce. Un po’ più di vita c’è nel cinema (che è, semiologicamente, un sistema di segni non nazionale, ma internazionale: e quindi i registi sono meno condizionati dei letterati dalla meschinità del loro mondo nazionale)».
I grandi poeti
In Italia il più grande poeta è Sandro Penna (mentre uno dei peggiori è Salvatore Quasimodo). Degli americani amo il primo Ginsberg. Ne amo altri, morti da poco: Dylan Thomas, Machado, Kavafis.
Perché San Matteo
«Ero ad Assisi, ospite di una comunità religiosa, a discutere del mio primo film. Quel giorno arrivò senza preannuncio, ad Assisi, Papa Giovanni XXIII. Ciò bloccò il traffico nella cittadina; e io fui costretto a restare chiuso in camera, rimandando la partenza. Sul comodino c’era il Vangelo. Ho cominciato, per noia, a rileggerlo. Dopo due pagine avevo già deciso che avrei girato quello che sarebbe stato il mio Vangelo secondo Matteo. Si è trattato quindi di un trauma, di una illuminazione improvvisa. Ma ora so che se anche avessi scelto ragionando non avrei potuto scegliere che il Vangelo secondo Matteo. Esso è infatti, dei quattro Vangeli, il più rivoluzionario».
Scrivo poesie?
«No, non scrivo più poesie da due o tre anni. Questo non me lo sarei mai aspettato. Ho cominciato a scrivere infatti a sette anni d’età, e ho scritto senza interruzione fino, appunto, a due o tre anni or sono. Perché non scrivo più? Perché ho perduto il destinatario. Non vedo con chi dialogare usando quella sincerità addirittura crudele che è tipica della poesia. Ho creduto per tanti anni che un destinatario delle mie “confessioni” e delle mie “testimonianze” esistesse. Mi sono dunque ora accorto che non esiste. Che con gli amici non c’è bisogno di esprimersi con la poesia: ci si esprime esistendo. Le proprie esagerazioni, i propri eccessi, le proprie idee si esprimono vivendo. La poesia richiede che ci sia una società (ossia un ideale destinatario) capace di dialogare con il povero poeta. In Italia una tale società non c’è. C´è un buon popolo ancora simpatico (specie là dove non arrivano i giornali e la televisione) e una piccola élite di borghesi colti e disperati. Ma una società con cui ci si possa mettere in rapporto attraverso la poesia non c’è. (Lo dico perché un poeta deve avere delle illusioni, ma quando le perde non deve illudersi di averle ancora)».
Religione formale
«Ogni religione formale, nel senso che la sua istituzione è diventata ufficiale, non solo non è necessaria per migliorare il mondo, ma addirittura lo peggiora».
Fedi più profonde
«La religione così come ora si presenta è un vecchio fenomeno del mondo pastorale, contadino e artigianale, ossia del mondo non industrializzato. Nella fattispecie, oggi, la religione è un fenomeno del Terzo Mondo. Un contadino indiano o un pastore arabo sono certamente più religiosi di un borghese cattolico o di un capitalista protestante.
(In Italia in questi ultimi cinque o sei anni le vocazioni religiose sono diminuite del 50 per cento. Perché? Perché l’Italia si va industrializzando, e il mondo contadino classico va scomparendo. Non posso però non notare, a questo punto, come invece le vocazioni siano aumentate negli Stati Uniti, ossia nel Paese più industrializzato del mondo. Non solo, ma anche i fenomeni beat, hippies ecc. sono fenomeni di carattere religioso. Ciò significa che anche il mondo industriale sta cominciando a esprimere un suo spirito religioso: che tuttavia pare essere sostanzialmente diverso da quello classico. La protesta, per esempio, sostituisce l´acquiescenza e la rassegnazione, la libertà sostituisce la repressione, ecc. ecc.)».
Vietnam
«Cosa dire del Vietnam che non sia stato già detto e che quindi non sia idiota? Io sono uno di quelli che parlano il meno possibile del Vietnam. Parlo del Vietnam generalmente per dire che ci sono delle cose peggiori del Vietnam. Per esempio la stampa conservatrice e la televisione. Ho molto amore per i marines che Johnson (come in un sogno, dice Moravia) mandava a morire nel Vietnam, tuttavia sono costretto a gridare: “Viva i Vietcong!”».
Castrismo
«Sospendo ogni giudizio sul castrismo finché non avrò visto coi miei occhi (o finché qualche persona attendibile non me lo abbia testimoniato) che a Cuba ci sono dei campi obbligatori di lavoro e di rieducazione».
Comunismo e religione
«La coesistenza tra comunismo e religione è concepibile in un mondo come quello italiano, per es. Perché? Perché l’Italia non è ancora un Paese del tutto industrializzato (il Sud fa idealmente parte del Terzo Mondo) e quindi tra i contadini e tra gli ultimi artigiani, la religione è un fenomeno naturale e sincero. Anche la borghesia italiana, che è molto recente (tutti i nostri nonni sono dei contadini: nel 1870, anno dell’unità d’Italia, il novanta per cento degli italiani erano analfabeti) sente ancora, contadinescamente, la religione come una necessità. Gli otto milioni di votanti comunisti sono in gran parte non solo cattolici per mentalità, ma sono addirittura praticanti. Il laicismo in Italia è un fenomeno aristocratico, praticato da élites borghesi a livello europeo.
La guerra fredda e l’anticomunismo in Italia sono dunque due cose stupide e il dialogo, instaurato da Giovanni XXIII, era già nelle cose e nei fatti. Tutto il resto era eredità fascista.
Per i Paesi completamente industrializzati e con grandi e vecchie borghesie (Inghilterra, Stati Uniti) il discorso è molto diverso. Il laicismo (che è la religione del liberalismo) vi ha una grande diffusione, anche tra i lavoratori. Così la religione (il protestantesimo, religione “tradizionale” della borghesia) si è liberalizzata; comunisti ce n’è pochi. La questione del “dialogo” non è perciò di attualità: o comunque è un problema di affari esteri. Dunque, comunismo e religione possono coesistere nei Paesi pre-industriali, dove comunismo e religione si oppongono in concreto come due ideologie diverse: nei Paesi completamente industrializzati (o capitalisti o socialisti) tale coesistenza è puramente un fatto teorico, perché in realtà non c’è coesistenza storica e oggettiva.
Per concludere vorrei dire tuttavia che il “contrario” della religione non è il comunismo (che, benché abbia preso dalla tradizione borghese lo spirito laico e positivistico, è in fondo molto religioso); ma il “contrario” della religione è il capitalismo (spietato, crudele, cinico, puramente materialistico, causa di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, culla del culto del potere, covo orrendo del razzismo)».
Pacifismo
«Non sono un pacifista per natura, ma per elezione».
Teatro e cinema
«Ci sono (e ci saranno sempre) dei furfanti che fanno il cinema e il teatro commerciale, con lo scopo di divertire (per incassare), e ci sono (e ci saranno sempre) degli imbecilli che fanno il cinema e il teatro per educare (senza incassare). In realtà il cinema e il teatro d’autore non sono fatti né per divertire né per educare».
Un buon film
«C’è una sola cosa essenziale in un buon film: il fatto che sullo schermo passi della realtà».
Bene e male in arte
«L’arte è una concezione: è un sistema stilistico dentro un sistema linguistico. È un messaggio dentro un codice. Ciò implica molti compromessi. Certo la forma più pura di arte è il completo silenzio dei poeti che non scrivono».
Sofferenza e arte
«Per quel che ne so, non direi che soffrire è necessario (perché in tal modo enuncerei una regola e farei quindi della tranquillizzante retorica), ma che è inevitabile».
Comunisti da salotto
«Penso dei comunisti da salotto ciò che penso del salotto. Merda».
Il mondo va a sinistra
«Ci possiamo chiedere lecitamente due cose opposte: 1) Perché il mondo è a destra? 2) Perché il mondo va a sinistra? Non so se nel futuro immediato prevarrà lo stare a destra o l’andare a sinistra. Comunque si può dire che a destra ci sono, o ci furono: Franco, Salazar, i colonnelli greci, i clericali italiani, i neocapitalisti anche più progrediti francesi e inglesi, Johnson, tutta la provincia americana, e, inoltre le persone ricche di tutto il mondo (Re arabi, maraja indiani, feudatari siciliani ecc. ecc., coi loro servi: costituiti soprattutto da intellettuali conservatori, per democrazia a parole, per interesse nei fatti). Vanno a sinistra invece tutti i pastori e i contadini del Terzo Mondo (circa due terzi dell’umanità), i n*gri d’America, la Nuova Sinistra americana, i giovani figli dei capitalisti inglesi e francesi, quattro gatti d’intellettuali, e, benché piano piano, le classi operaie del neocapitalismo di tutto il mondo, comprese Castiglia e Attica.
Alla testa di chi resta a destra non c’è nessuno se non l’orrenda faccia di una réclame televisiva che rappresenta un antipatico e stronzo benessere; alla testa di chi va a sinistra ci sono i Vietcong vivi e morti, le Guardie Rosse e i ragazzi dell’Urss (che in questo momento è ferma)».
Il capitalismo
«II capitalismo è oggi il protagonista di una grande rivoluzione interna: esso sta evolvendosi, rivoluzionariamente, in neocapitalismo.
In contraddizione con quanto dicevo prima, potrei dire che la rivoluzione neocapitalistica si pone come competitrice con le forze del mondo che vanno a sinistra. In un certo modo va esso stesso a sinistra. E, fatto strano, andando (a suo modo) a sinistra tende a inglobare tutto ciò che va a sinistra. Davanti a questo neocapitalismo rivoluzionario, progressista e unificatore si prova un inaudito sentimento (senza precedenti) di unità del mondo.
Perché tutto questo? Perché il neocapitalismo coincide insieme con la completa industrializzazione del mondo e con l’applicazione tecnologica della scienza. Tutto ciò è un prodotto della storia umana: di tutti gli uomini non di questo o quel popolo. E infatti i nazionalismi tendono, in un prossimo futuro, a essere livellati da questo neocapitalismo naturalmente internazionale. Sicché l’unità del mondo (ora appena intuibile) sarà un’unità effettiva di cultura, di forme sociali, di beni e di consumi.
Io spero naturalmente che, nella competizione che ho detto, non vinca il neocapitalismo: ma vincano i poveri. Perché io sono un uomo antico, che ha letto i classici, che ha raccolto l’uva nella vigna, che ha contemplato il sorgere o il calare del sole sui campi, tra i vecchi, fedeli nitriti, tra i santi belati; che è poi vissuto in piccole città dalla stupenda forma impressa dalle età artigianali, in cui anche un casolare o un muricciolo sono opere d’arte, e bastano un fiumicello o una collina per dividere due stili e creare due mondi. (Non so quindi cosa farmene di un mondo unificato dal neocapitalismo, ossia da un internazionalismo creato, con la violenza, dalla necessità della produzione e del consumo)».
Il genio
Geni si nasce o ci si crea? Prima di tutto si nasce uomini. Poi nei primi anni dell’infanzia si prendono tali spaventi o si esperimentano tali dolcezze, che tutta la vita ne è determinata. Un genio (odio questa parola) è determinato dagli spaventi o dalle dolcezze (ambedue estremi) che ha subito da bambino. Il “crearsi” genio consiste in un manovrare (accanito, occulto, inconscio, invasato, irrefrenabile) per ricreare le dolcezze infantili o per creare barriere contro gli spaventi infantili».
Libertà sessuale
«La libertà sessuale è necessaria alla creazione? Sì. No. O forse sì. No, no, certamente no. Però… sì. No, è meglio no. O sì? Ah, incontinenza meravigliosa! (Ah, meravigliosa castità)».
Miglioramento del mondo
«Un singolo che faccia qualcosa proponendosi “il miglioramento del mondo” è un cretino. Per la maggior parte, coloro che pubblicamente lavorano “al miglioramento del mondo” finiscono in carcere per truffa. Inoltre il mondo riesce sempre alla fine a integrare gli eretici. Per esempio le beatificazioni e le santificazioni… Ammettete che santifichino Papa Giovanni XXIII: eccolo integrato, messo in un santino e esorcizzato. E non c’è dubbio che Giovanni XXIII abbia contribuito a un possibile miglioramento del mondo. Ma se qualcuno gli avesse chiesto: “Scusi, lei contribuisce al miglioramento del mondo?”, lui l’avrebbe preso in giro, o magari mandato al diavolo, e certamente poi sorridendo avrebbe detto fra sé: “Faccio quello che posso”.
In realtà, il mondo non migliora mai. L’idea del miglioramento del mondo è una di quelle idee-alibi con cui si consolano le coscienze infelici o le coscienze ottuse (includo in questa classificazione anche i comunisti quando parlano di “speranza”). Dunque, uno dei modi per essere utili al mondo è dire chiaro e tondo che il mondo non migliorerà mai, e che i suoi miglioramenti sono metastorici, avvengono nel momento in cui qualcuno afferma una cosa reale o compie un atto di coraggio intellettuale o civile. Solo una somma (impossibile) di tali parole o tali atti effettuerebbe un miglioramento concreto del mondo. E sarebbe il paradiso e la morte.
Il mondo può peggiorare, invece, questo sì. E per questo che bisogna lottare continuamente: e lottare, poi, per un obiettivo minimo, ossia per la difesa dei diritti civiIi (quando si siano ottenuti attraverso precedenti lotte). I diritti civili sono infatti eternamente minacciati, eternamente sul punto di venire soppressi. È necessario quindi anche lottare per creare nuovi tipi di società, in cui il programma minimo dei diritti civili sia garantito. Per esempio, una società veramente socialista».
Comunismo tradizionale
«Sì, il comunismo tradizionale è finito. Tre ne sono le cause: il neocapitalismo con il suo nuovo tipo di civiltà tecnologica, il Terzo Mondo con la sua vecchia società contadina, e la Cina che non vuole arrivare alla civiltà tecnologica attraverso la fase piccolo-borghese».
Lotta di classe
«La lotta di classe oggi non è più quella classica (l’ultimo esempio è quello di Cuba, la cui rivoluzione è ancora straordinariamente analoga a quella russa del ’17). Cos’è successo? Gli operai sono sempre più conquistati dalla “qualità di vita” che è tipica della totale industrializzazione e della civiltà dei consumi (col mito della tecnica), mentre i contadini, che hanno partecipato alle guerre di liberazione nazionale in tutte le ex colonie del mondo, hanno una maggiore coscienza sociale e classista che nel passato».
Il cattolicesimo
«II cattolicesimo oggi è occupato soprattutto a sopravvivere. Diminuite le vocazioni del cinquanta per cento, chiusi all’apostolato i Paesi ex coloniali (ricordo l’episodio del Basso Sudan), la Chiesa cattolica ha capito che per sopravvivere deve insieme: a) essere la Chiesa del Terzo Mondo, ossia tornare alle origini contadine e povere; b) essere la Chiesa del mondo industrializzato, capitalista o comunista, che ha esigenze religiose di tipo del tutto nuovo. Sono due necessità assolutamente contraddittorie».
Violenza
«Se sono attratto dalla violenza in sé? Che domanda difficile! Come faccio a conoscere iI mio inconscio? Se lo conoscessi non sarebbe più inconscio! La psicanalisi ci ha dato la maledetta abitudine di “giudicare” gli altri anche attraverso le tendenze del loro inconscio (come se potessimo analizzarli da provetti psicanalisti, poi!). Per esempio, uno va sotto un’automobile, poveraccio: e allora tutti noi in coro: “Pazienza, se è andato sotto un’automobile, vuol dire che così egli voleva. Quindi tanto peggio per lui!”. Nella mia coscienza, posso dire questo: che io ho il mito materno della bontà e della mitezza, ed è questo mito che vorrei realizzare vivendo. D’altra parte sono tante le offese e le delusioni che questo mio mito ha sofferto, nelle esperienze reali della vita, che non ho potuto non ribellarmene indignato.
E poiché la mitezza e la bontà, per essere tali, devono essere intrepide (me lo diceva mia mamma, magari non con le sue parole ma col suo essere), ecco che il mite e il buono, se si ribella, va fino in fondo. È dunque molto idillica la versione che io do della mia violenza: che è comunque una violenza tutta e soltanto intellettuale».
Attacco a Pio XII
«Ho attaccato Pio XII per le stesse ragioni per cui la stessa Chiesa l´ha attaccato qualche anno dopo (ultimo atto, la dispensa dai suoi incarichi del cardinale Ottaviani)».
Registi preferiti
«Dreyer (assolutezza sacrale degli oggetti e dei volti); Buster Keaton (perfezione formale); Murnau (il più bel film del mondo è L’ultima risata); Mizoguchi (grande come Giuseppe Verdi); Renoir e Tati (gli unici che hanno saputo fare della poesia sulla piccola borghesia); Bergman (non quello feudale, ma quello borghese di Luci d’inverno); Godard (come si fa a non amarlo?); il buono e matto Fellini; Charlot (i più grandi piaceri del cinema). Aggiungerò, per completare il quadro, che non amo nessuno dei miti dei Cahiers du cinéma, cioè Hawks, Hitchcock, Ford. E detesto Eisenstein.
Soggetti religiosi
«Sono un marxista che sceglie soggetti religiosi. Questa è bella! Esiste adesso anche un monopolio sulla religione? Ecco la conclusione di quarant’anni di orrenda propaganda e di maccartismo! Molti degli uomini più profondamente religiosi di questo secolo sono comunisti. Penso per esempio a Gramsci (il fondatore del Pci). Essi hanno lottato per puro altruismo e hanno dato alla loro vita un solo alto ideale (che possiamo definire senz’altro ascetico), per cui hanno sfidato prigione, torture e morte. S’intende che quando dico religioso non intendo dire credente in una religione confessionale. I comunisti sono infatti (quasi tutti) laici e positivisti. Ma laicismo e positivismo essi l’hanno ereditato dalla civiltà borghese (la grande civiltà borghese che ha fatto la rivoluzione liberale prima, e poi la rivoluzione industriale). Solo che poi, nel borghese, laicismo e positivismo sono rimasti tali (patrimonio, tuttavia, di una élite borghese), mentre il nazionalismo e l’imperialismo, nati come conseguenza diretta del capitalismo, hanno respinto il borghese medio, ben presto, nelle vecchie posizioni clericali: a coltivare una religione di puro interesse, ipocrita, statale e addirittura feroce (vedi il clero zarista e franchista). Quindi, se mai, la domanda lecita non è affatto: “Può un comunista essere religioso?”; ma piuttosto: “Può un borghese essere religioso?”».
Credo in Dio?
«Mi sono sempre definito non credente dall’età di quattordici anni. Per la prima volta in questi ultimi mesi ho in qualche modo concepito un’idea, sia pure immanentistica e scientifica di Dio.
Come ci sono arrivato è molto curioso. Io mi sono sempre interessato di problemi linguistici, sia pure in campo strettamente italianistico, e in Italia passo per essere un linguista interessante sia pure male informato e balzano. Ultimamente mi sono appassionato a delle ricerche linguistiche sul cinema. E, naturalmente, non potevo non ricorrere alla semiologia: scienza per cui i sistemi di segni sono infiniti, e non soltanto linguistici.
Sono giunto alla conclusione che il “cinema”, riproducendola, fa una perfetta descrizione semiologica della realtà. E che il sistema di segni del cinema è in pratica lo stesso sistema di segni della realtà. Quindi la realtà è un linguaggio! Bisogna fare la semiologia della realtà, altro che quella del cinema! Ma se la realtà parla, chi è che parla e con chi parla? La realtà parla con se stessa: è un sistema di segni attraverso cui la realtà parla con la realtà. Tutto ciò non è spinoziano? Questa idea della realtà non assomiglia a quella di Dio?».
Colpi di Stato
«Sia il tentato colpo di Stato italiano del 1964 che il colpo di Stato riuscito in Grecia, sono avvenimenti accaduti nell’ambito della Nato. In Italia è si fatto un processo contro i giornalisti dell’Espresso che hanno denunciato all’opinione pubblica alcuni dei responsabili del tentato colpo di Stato. L’inchiesta parlamentare è stata però bloccata dal partito cattolico (democristiano) con l’appoggio dei socialisti. Evidentemente non si vuole risalire a responsabilità internazionali.
Noi intellettuali (in questa vicenda, molto grave) brilliamo per la nostra assenza. È vero, a cena, in salotto, ne diciamo di cotte e di crude contro la classe politica dirigente, contro la borghesia italiana che la esprime, e, in genere, contro questo piccolo, marginale, provinciale, qualunquistico, miserabile Paese che è l’Italia. Ma noi? Cosa facciamo? Siamo forse migliori? Che cos’è che ci fa essere assenti e muti? La paura? la prudenza? la sfiducia? la pigrizia? l’ignoranza? Sì, tutto questo».
Sottoproletariato
«Mi attrae nel sottoproletariato la sua faccia, che è pulita (mentre quella del borghese è sporca); perché è innocente (mentre quella del borghese è colpevole), perché è pura (mentre quella del borghese è volgare), perché è religiosa (mentre quella del borghese è ipocrita), perché è pazza (mentre quella del borghese è prudente), perché è sensuale (mentre quella del borghese è fredda), perché è infantile (mentre quella del borghese è adulta), perché è immediata (mentre quella del borghese è previdente), perché è gentile (mentre quella del borghese è insolente), perché è indifesa (mentre quella del borghese è dignitosa), perché è incompleta (mentre quella del borghese è rifinita), perché è fiduciosa (mentre quella del borghese è dura), perché è tenera (mentre quella del borghese è ironica), perché è pericolosa (mentre quella del borghese è molle), perché è feroce (mentre quella del borghese è ricattatoria), perché è colorata (mentre quella del borghese è bianca)».
Poveri e ricchi
«I poveri sono reali, i ricchi irreali».
Paolo VI
«Si dice che Paolo VI sia “handicappato” dal fatto che Giovanni XXIII fosse più simpatico di lui. Lo contesto assolutamente. Solo in senso superficiale Giovanni XXIII era pIù simpatico di Paolo VI. In realtà se io penso ciò che significa “simpatia” (comunità di sentimenti) trovo che mi è piuttosto più simpatico Paolo VI, perché egli soffre quello che soffro io, e si comporta in quel modo complesso, difficile a capirsi, pieno di slanci e anche di contraddizioni, che è tipico di ogni intellettuale. Ciò che rende simpatico Paolo VI è la sua tormentata intelligenza: e il fatto che egli non abbia qualità esteriori di gradevolezza e, appunto, di simpatia, fa quasi tenerezza».
Kennedy
«Ah, cosa dire di John Kennedy! È l’unica persona di potere, l’unico uomo politico di cui vorrei essere stato intimo amico».
Protesta americana
«Come ho detto tante volte e da tante parti, io non voglio essere italiano. Vorrei essere americano. Sarei naturalmente un americano dell’altra America. E finalmente la mia forma di protesta sarebbe libera! Assolutamente, completamente, pazzamente libera! In Italia anche la protesta è conformista. La protesta liberale usa un linguaggio liceale che puzza di cadavere, la protesta marxista è tutta precostituita come un formulario. Mentre non c’è niente di più bello che inventare giorno per giorno il linguaggio della protesta!»
Cinema e realtà
«Il sistema di segni del cinema è lo stesso sistema di segni della realtà. Per esempio: ho davanti agli occhi la faccia di un ragazzo coi capelli ricci ricci, gli occhi a mezza luna, ridenti, un’espressione buffa e innocente che sembra impastata nella sua stessa carne. Di cosa si tratta? Di un ragazzo che ho davanti a me nella realtà, o di un P.P. [primo piano] che mi appare nello schermo? Comunque sia, esso mi parla allo stesso modo, e io lo capisco attraverso gli stessi segni. La reale natura di quel ragazzo si esprime a me sempre nello stesso modo sia nella realtà che nello schermo.
Parlo s’intende di cinema puro, non di manipolazione commerciale (in cui tutto può venire falsato dal manierismo del regista e degli attori… ma falsato, mi chiedo, fino a che punto?, la verità, alla fine, non salta sempre fuori? Se l’attore è un idiota che fa la parte di un genio, non salta fuori alla fine che è un idiota? Perché il cinema possa fare delle cose nuove, deve essere il meno manipolato possibile, sia nel senso della commercialità, sia nel senso della sperimentazione stilistica: un film di Mekas e un film di Hollywood sono ugualmente lontani dalla realtà.
Ed è solo la realtà che può essere, o essere vista, in modo nuovo. Se un regista ha un’idea nuova della realtà, dirà nei suoi films delle cose nuove».
Per De Filippo
Eduardo De Filippo è il più grande attore italiano. Egli recita in dialetto napoletano. Senza che egli ancora lo sappia, io ho progettato di scrivere un testo teatrale per lui. Di questo testo teatrale so solo, per ora, quattro cose: 1) che è parlato in napoletano; 2) che s´intitola Mandolini; 3) che è ambientato in Cina, tra contadini e Guardie Rosse; 4) che il protagonista è un cinese che si finge morto, e si risveglia solo quando è solo, facendo quattro chiacchiere fra sé, e una volta, per sgranchirsi le gambe, fa un balletto accompagnato dal suono dei mandolini. Probabilmente l’uomo che finge di essere morto è un simbolo del mio giudizio sul comunismo cinese. Resusciterò? Farò un balletto al suono dei mandolini? Cancellerò da me ogni segno di cultura, occidentale o orientale, e riavrò la verginità culturale dei contadini?»
Sistema americano
«Del sistema politico americano amo la forma di contestazione che esso consente, che si può riassumere in una massima folle e meravigliosa: “Solo la vera democrazia può distruggere la falsa democrazia”».
Pier Paolo Pasolini, Quasi un testamento. Un’intervista di Peter Dragadze, Gente, 17 novembre 1975 pp.25, 26, 29, 31, 32, 35.
Autore
Silvia Martín Gutiérrez
Autrice
Silvia Martín Gutiérrez (Salamanca, 1983) ha realizzato presso l’Università Autonoma di Madrid il Dottorato di Ricerca "Doctor Europaeus" sul cinema di Pier Paolo Pasolini. Ha proseguito studi di ricerca su Pasolini, lavorando per gli archivi che gestiscono le opere del poeta e insegnando in università.