I movimenti popolari contro Trump sono in crescita

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A Giugno di quest’anno, alcune proteste collettive contro il presidente Donald Trump e la sua amministrazione hanno portato alla nascita del movimento No Kings, sostenuto da milioni di cittadini che vogliono ricordare al Presidente che non tutti lo legittimano come “re” del Paese. Grandi città e piccoli centri, uniti da mobilitazioni, hanno aiutato a far luce su una realtà trascurata: la vittoria elettorale di Trump non è necessariamente riflesso di un consenso popolare diffuso.

Una protesta No Kings a Los Angels, giugno 2025 (AP Photo/Noah Berger)

Negli Stati Uniti, il presidente non è eletto direttamente dai cittadini, ma da un Collegio elettorale, in cui ogni Stato assegna un numero di cosiddetti grandi elettori in maniera proporzionale alla propria popolazione. Generalmente, il candidato che ottiene la maggioranza degli elettori in uno Stato ne conquista tutti i voti, con alcune eccezioni minori. 

Questo sistema può quindi produrre distorsioni importanti: un candidato può infatti vincere la presidenza pur perdendo il voto popolare nazionale. Nel 2024, ad esempio, Trump ha ottenuto la maggioranza dei grandi elettori ma non dei voti popolari, ripetendo quanto accaduto alle elezioni del 2016. Secondo Il Post, circa 2 milioni di voti separano il numero di cittadini che hanno votato per Trump rispetto ai sostenitori di Harris, a conferma di una vittoria elettorale meno solida di quanto appaia. 

Questa discrepanza e complessità del sistema elettorale finiscono inevitabilmente per alimentare tensioni, come dimostrano proprio le manifestazioni No Kings, le quali evidenziano la presenza di terreno fertile per il dissenso organizzato, nonostante la legittimità costituzionale di tale sistema. 

Nella storia politica statunitense recente, il movimento No Kings rappresenta di certo un unicum, combinando numeri importanti, simbolismo politico e narrativa anti-autoritaria. 

Secondo alcuni dati riportati da Wired Italia, i partecipanti alle proteste sono stati oltre 7 milioni, sparsi in centinaia di città, da metropoli come New York e Los Angeles, ai centri più piccoli, segnalando una diffusione capillare del dissenso. Questa eterogeneità non è stata solo geografica, ma si è riscontrata anche nella composizione demografica dei manifestanti: giovani studenti, ma anche lavoratori, hanno condiviso l’obiettivo di contestare una presidenza definita da molti “monarchica”, come richiama il nome del movimento.

Le contestazioni si focalizzano su precise accuse: abuso di potere, attacchi alle istituzioni democratiche del paese e uso di una retorica esternamente polarizzante. Lo slogan “No Kings” evoca la paura di un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani del presidente ma, come suggerito anche dal Manifesto, non rappresenta solo un grido di protesta quanto un vero e proprio esperimento di democrazia, all’interno del quale la cittadinanza stessa cerca di ridefinire i limiti della legittimità presidenziale.

San Francisco, giugno 2025  (Santiago Mejia/San Francisco Chronicle via AP)

Da un punto di vista geografico, le proteste si concentrano soprattutto nei cosiddetti swing states, dove il peso elettorale è maggiore, anche se non sono mancati eventi simbolici anche in aree storicamente repubblicane, sottolineando la risonanza di tale dissenso. 

Pur risultando eletto, Trump non può quindi contare su un ampio mandato popolare e anzi, proprio le proteste degli ultimi mesi hanno segnalato come una parte significativa dalla nazione non si senta rappresentata dal Presidente.

Le mobilitazioni rappresentano, inoltre, un importante termometro della salute democratica del Paese: più sono organizzate e diffuse, maggiore si fa la distanza tra percezione di legittimità formale e sostanziale. Come scrive anche ISPI, queste manifestazioni rivelano l’esistenza di un’America che dice no e non si limita a una critica retorica da social, ma investe la piazza reale, cuore del dissenso democratico.

Questo fenomeno pone inevitabilmente degli interrogativi sulla stabilità del sistema politico americano e sul ruolo delle proteste di massa. Se la legittimità percepita non coincidesse con quella formale, il rischio di polarizzazione e tensione istituzionale aumenterebbe. 

Alcuni analisti suggeriscono che questo scenario influenzerà la politica futura, sia nella gestione dei candidati sia nelle possibili riforme del sistema elettorale.

Il movimento No Kings dimostra che il consenso elettorale e il sostegno popolare non coincidono automaticamente, soprattutto in un sistema come quello statunitense, dove il voto popolare può essere disallineato rispetto all’assegnazione dei grandi elettori. Proprio qui la piazza diventa un luogo fondamentale di sostegno politico.

Autore

Giulia Ferrari

Giulia Ferrari

Autrice

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