È giusto chiudere una piazza per un concerto a pagamento?

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L’annuncio del concerto dei CCCP-Fedeli alla Linea a Bologna, in programma il 21 maggio prossimo, ha portato con sé un fiume di polemiche. Non tanto per il gruppo, ma per il luogo in cui il concerto verrà realizzato: Piazza Maggiore. E per la modalità dell’evento: rigorosamente a pagamento.
Nella storia del capoluogo felsineo, Piazza Maggiore non era mai stata chiusa al pubblico per uno spettacolo a pagamento, e le critiche creatosi intorno all’appuntamento primaverile stimolano una riflessione interessante: è giusto chiudere una piazza per un concerto a pagamento?
In altre città è ormai la prassi, Piazza Trento e Trieste ospita da anni il Ferrara Summer Festival, così come Piazza San Marco a Venezia, che quest’estate offrirà al pubblico pagante i concerti de Il Volo, Pooh e Umberto Tozzi. Stessa sorte per Piazza Sordello a Mantova o Piazza Garibaldi a Lucca, che non sono piazze principali ma restano luoghi pubblici per eccellenza, dal patrimonio non solo cittadino ma anche artistico e culturale.

Il valore civico di una piazza 
Nella canzone Piazza Grande, Lucio Dalla parla di un senzatetto che trova casa in Piazza Grande, unico luogo in cui trovare consolazione ad una vita solitaria e tormentata. Piazza Grande non vuole indicare una piazza specifica ma rappresentare quello che è il luogo di incontro per antonomasia, dove il protagonista della canzone ascolta gli innamorati che vi si incontrano, osserva i gatti che ‘’non han padrone’’. É il ritratto di un crocevia di persone e animali che altro non è che quel luogo che i romani definivano forum, i greci prima ancora agorà, e che nel tardo medioevo si divide a seconda del suo utilizzo. Da un lato le piazze religiose sorte intorno alla cattedrale, dall’altro quelle comunali, passando per quelle del mercato. 
Come scritto da Ludovica Amico su iltimoniere.it, Piazza Grande venne musicata da Dalla e Rosalino Cellamare sul lungomare di Napoli, altra città in cui Piazza Del Plebiscito viene da anni chiusa per concerti a pagamento. Solo alcuni giorni l’anno, per carità, ma quanto basta affinché un qualsiasi turista non possa accedervi e ancor prima un residente non possa usufruirne, anche solo per qualche ora.

La critica non riguarda gli spazi pubblici a priori: se si togliessero parchi, arene, stadi, sarebbe di fatto impossibile organizzare concerti d’estate, periodo in cui salvo casi eccezionali non si suona al chiuso. Può, però, il luogo storicamente destinato alla collettività, essere chiuso per un concerto a pagamento? O meglio, visto che già succede, è corretto? Etico? Che sia la normalità da tempo non fa si che non se ne debba parlare, anzi. L’utilizzo del pubblico da parte del privato dovrà pur avere una linea rossa.

Un patrimonio da salvaguardare
Altro discorso riguarda poi il patrimonio artistico e naturale di un luogo, a prescindere dalla modalità di fruizione dell’evento. Dopo il concerto di Travis Scott al Circo Massimo dell’estate scorsa, la direttrice dell’istituto autonomo Parco Archeologico di Roma aveva ribadito di fatto l’impossibilità di svolgere concerti in quello che <<non è un prato, è un monumento: ha gallerie sotterranee, parti archeologiche, non ci si può saltare sopra per ore, a decine di migliaia>>. Viene da sé che se archeologi esperti come la squadra guidata da Alfonsina Russo prescrivono tali modalità, rimangono solo opera e balletto come spettacoli realizzabili al Circo Massimo. Che è esattamente ciò che aveva dichiarato la direttrice Russo, scatenando fiumi di polemiche e portando all’intervento del Ministro della Cultura Sangiuliano, secondo cui l’utilizzo del sito vada valutato caso per caso.

Se luoghi come il Circo Massimo si contraddistinguono per lo smisurato valore storico, culturale e artistico, l’organizzazione di grandi eventi può spesso nuocere anche alla natura stessa. Caso che ha tristemente fatto scuola è il Jova Beach Party, in entrambe le sue edizioni del 2019 e del 2022. Nonostante il divieto di calpestare la sabbia della spiaggia di Casabianca, sul Lido di Fermo, volto a salvaguardarne la biodiversità, il Comune diede l’ok in ambo le occasioni allo spianamento dell’arenile per lo svolgimento del concerto del cantante romano. Non solo l’amministrazione comunale avvallò un concerto come il Jova Beach Party in un’area protetta distruggendone la vegetazione dunale, ma tre anni dopo perseverò. Il tutto nonostante il parere negativo di più di 10 associazioni ambientaliste e il lavoro di restauro ambientale affidato ad un ricercatore dell’Università di Pisa dal Comune stesso, evidentemente resosi conto di aver causato un danno più che prevedibile. Pace all’anima del Fratino, uccello in via d’estinzione che proprio in quella spiaggia trova(va) il suo habitat.

Jovanotti ha annunciato che ci sarà una nuova edizione del suo spettacolo: resta ora da comprendere se anche questa volta l’economia ed il profitto prevarranno sul rispetto per la biodiversità di un luogo, la spiaggia libera, che ancora è di tutte e tutti. O quasi. 

Autore

Nato nel 1999 tra Marche e Romagna, nonchè tra mare e collina, amo viaggiare, scoprire nuove culture, leggere di tutto ma soprattutto di storia e politica. Ho vissuto in Inghilterra e Spagna e studiato Scienze Internazionali e Diplomatiche. Amo la musica, lo sport e le piccole cose.

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