Dove sono le artiste nei festival musicali estivi?

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Finalmente sta arrivando l’estate e, con questa, anche la stagione dei Festival. Solo in Italia se ne possono contare a decine sparsi tra centro, nord e sud. Si tratta di hub importanti non solo per ascoltare musica live, ma anche – e soprattutto – per vivere esperienze immersive a stretto contatto con semi-sconosciuti con cui si condividono sensazioni uniche.  Tutto molto intrigante, tutto molto fresco. Ma anche quest’anno, c’è qualcosa che stona – e non sto parlando della melodia. 

Da una rassegna dei 15 festival musicali più attenzionati del 2025*, è emerso che la rappresentanza femminile tocca dei minimi storici.

Cosa abbiamo imparato da Sanremo, quindi? Cosa ci resta delle belle parole spese per assicurare che la classifica del Festival della Musica Italiana per antonomasia era solo contingente, un abbaglio dettato dalle circostanze o il risultato del fatto che le canzoni delle artiste in gara erano eccezionalmente più deboli? Cosa ce ne facciamo di chi ci dice che l’industria musicale italiana non è più sessista? L’unica via per superare il negazionismo e fare luce sulle dinamiche patriarcali e misogine di cui è intrisa anche l’industria musicale è analizzare i dati oggettivi. 

Perciò, iniziamo dalla fine: la rappresentanza femminile ai festival.

Da un’analisi delle line up, emerge un quadro sintomatico della situazione dei festival della musica in italia che, ovviamente, è solo la punta dell’iceberg di un sistema incancrenito, capitalista e discriminatorio.

Partiamo in grande con la Capitale. Il Rock in Roma avrà una corona di grandi nomi interamente maschile – si salvano solo un paio di serate a tema ma poco altro. Sempre a Roma si terrà anche il SuperAurora che, al momento, ha solo una donna annunciata tra gli 8 headliners. Spostandosi a Napoli, il Noisy Naples Fest ospiterà protagonisti della scena italiana e internazionale e – indovinate un po’ – sono tutti uomini.

Salendo a Milano, la situazione non sembra migliorare. La lineup degli iDays ha solo due donne su 6 headliners, cioè Dua Lipa e Olivia Rodrigo. Ha seguito questo infelice trend anche il MI AMI, sempre a Milano, sempre meno del 30% degli artisti — maschile sovraesteso usato non a caso — sono persone socializzate donne su un totale di circa 50 eventi, tra concerti e DJ sets. Potremmo continuare a lungo, e infatti lo faremo.La stessa cosa accade anche al Firenze Rocks, con l’aggiunta di due band miste. Sempre in Toscana, anche il Beat Festival di Empoli si allinea al capoluogo con solo una band mista tra uno scenario di soli artisti uomini. Persino all’Umbria Jazz di Perugia la situazione è la medesima: solo 7 artiste su un totale di 29 concerti. A Gallipoli, il Sottosopra Festival rientra perfettamente in questa compilation: tra 8 nomi della scena rap e trap, c’è solo Rose Villain che porta avanti la bandiera. O forse no?

A chiudere questa breve rassegna c’è, infine, il Poplar di Trento, conosciuto per la sua gestione interamente under30 e per la sua capacità di creare spazi di contaminazione socio-culturale in modo molto fresco e genuino. Anche in questo caso, tra gli artisti annunciati si trovano i nomi di giusto un paio di cantanti e cantautrici.

Proprio alla luce di questi dati, come Generazione, nell’organizzare il nostro Spaghetti Festival abbiamo cercato di mantenere una parità reale nella rappresentanza artistica, nel tentativo, fin dall’inizio, di costruire una line up equa e rappresentativa. Ci siamo impegnati a inserire nel nostro festival voci femminili forti, capaci di raccontare il presente con autenticità e talento.

Spaghetti Festival, organizzato da Generazione e Spaghetti Unplugged, ospiterà sei headliner, di cui la metà sono donne. Una scelta consapevole, non casuale, in un contesto in cui la presenza femminile nei grandi eventi musicali, come abbiamo visto, è spesso ancora residuale.

Ma non è stato facile. Ancora oggi, proporre una line up equamente divisa viene percepito come una forzatura, come se l’eccellenza femminile fosse un’eccezione da giustificare. C’è una generale sfiducia nell’investire sulle artiste, dettata da un’attitudine cautelare e poco incline al rischio, in un clima di precarietà e incertezza. Poi, immaginare una line up tutta femminile, resta impensabile, non per mancanza di talento, ma per la persistenza di preconcetti, bias e resistenze culturali. Perché?

Ammesso che riusciamo a riconoscere il problema della sotto-rappresentazione delle artiste ai Festival, quello che viene da chiedersi è: di chi è la colpa – o meglio, la responsabilità

Ovviamente di tuttə, e quindi anche di nessunə in particolare.La risposta richiede un’analisi complessa e una presa di consapevolezza del proprio ruolo attivo in questo meccanismo. Il che vorrebbe dire che ognuno e ognuna di noi ha, innanzitutto, un grande potere in quanto ascoltatorə di musica e fruitorə di concerti. A questo primo layer di complessità si vanno ad aggiungere altri strati, come il peso che ha l’etichetta dell’artista e la visione del team che gestisce i  concerti.

Ciò che si può affermare è che, di sicuro, l’industria della musica è fatta di persone che vivono – nessuna esclusa –  all’interno di una società già dominata da dinamiche patriarcali e misogine di cui anche questo ambiente è intriso. Se riconoscere questo è un primo step, però, non bisogna cedere a una sofferente sebbene comoda arrendevolezza, anzi. 

Una volta individuati questi meccanismi discriminatori e riconosciuta la loro rigenerazione più o meno inconsapevole in ogni ambito (anche musicale), come possiamo scardinarli insieme?Mentre ci lavoriamo, sul sito lacantautrice.com si può consultare il manifesto femminista intersezionale redatto da un gruppo di artiste e addette ai lavori del mondo della musica. Il documento non solo contiene informazioni pratiche per chi si approccia alla musica e vuole lavorare in questo settore, ma anche un insieme di linee guida per chi ha spazi e promuove attività musicali, affinché siano esperienze virtuose e accessibili a tuttə.

Autore

Alice Melani

Alice Melani

Autrice

Mi chiamo Alice e c’ho un’anima un po’ scissa. Tra le altre cose, sono una neuroscenziata della Scuola Normale. Nel tempo libero oscillo tra attivismo, femminismo intersezionale e misantropia disillusa. Odio gli indifferenti e credo che dovremmo proprio smetterla di imporre inutili confini al nostro animo in continua espansione.

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