Le big tech controlleranno il mondo?

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Quando il Congresso degli Stati Uniti d’America ha ritenuto di dover ascoltare le Big Tech più importanti al mondo (Google, Apple, Facebook e Amazon, d’ora in poi GAFA), una delle risposte ricevute è stata “We are good for America”. Ovvero: siamo positivi per l’America.

La strada per l’oligarchia

Ognuna di queste società è venuta alla luce negli USA. Apple nella prima parte della rivoluzione tecnologica, Google e Amazon durante gli anni ’90 e Facebook nei primi anni del 2000. A queste potrebbero aggiungersi anche Microsoft e Twitter, anche loro al centro di questa immensa lente di ingrandimento puntata contro le loro attività.

Hanno per anni rappresentato una parte del sogno americano, che vedeva nella cavalcata tecnologica un nuovo modo per posizionarsi stabilmente alla guida del mondo occidentale. Se pur con importanti casi europei, non c’è mai stata lotta. La tecnologia è stata totalmente ad appannaggio statunitense e queste società hanno macinato sempre più profitti e raccolto sempre più finanziamenti, arrivando a diventare le aziende più importanti al mondo.

Negli ultimi mesi, queste stesse società si sono ritrovate a dover dare risposte rispetto le proprie attività, coinvolgendo Repubblicani e Democratici nella stessa battaglia. I primi, fervidi nemici di quello che è da loro considerato un monopolio al quale porre rimedio attraverso una massiccia attività di antitrust. I secondi, infervorati anche a causa del bavaglio più e più volte imposto a Trump ed ai suoi sostenitori.

Lo scontro si è propagato anche nel Vecchio Continente. Anche qui valgono le critiche nate negli Stati Uniti: ai colossi della tecnologia si chiedono una migliore gestione dei dati e una regolamentazione per tutelare al meglio la libertà di espressione. I più radicali parlano di comportamento “liberticida” da parte delle Big Tech. Altri auspicano semplicemente una miglior gestione e trasparenza degli algoritmi.

Il sesto potere

Nel Settecento, durante una seduta del Parlamento inglese, il filosofo Edmund Burke alzò l’indice verso la stampa e gridò loro “Voi siete il Quarto potere!”. Due secoli dopo, si arrivò a coniare la definizione di Quinto potere, indentificando con questo termine il nuovo impatto dei media sull’opinione pubblica.

Nel 2014 due sociologi, David Lyon e Zygmunt Bauman, scrissero un libro e lo intitolarono “Il sesto potere”. Con questo termine facevano riferimento all’immensa mole di dati che tutte le aziende sono in grado di intercettare, normalizzare ed utilizzare per le loro scelte.

Fenomeni come l’ormai noto Cambridge Analytica hanno fatto precipitare la fiducia nella gestione della privacy da parte delle Big Tech, nonostante queste si impegnino continuamente nell’aggiornare i loro Data Center ed i sistemi di gestione della privacy. Da questo punto di vista, un importante contributo normativo si è avuto in Europa grazie alla norma GDPR, la principale normativa europea in materia di protezione dei dati personali.

Con l’accelerazione della digitalizzazione ottenuta in contemporaneità alla pandemia, è emerso sempre più quanto gli algoritmi utilizzati da GAFA siano basati sui miliardi di nostri dati in loro possesso, facendo risuonare le voci che vorrebbero maggiori normative circa il corretto utilizzo di questi dati.

Etica e censura

Oltre al potere economico tenuto nelle mani di GAFA e frutto di anni di continua crescita ed investimenti, quello che sono state in grado di raggiungere è un vero e proprio potere politico.

Secondo molti, tra cui l’economista Luigi Zingales, quanto è avvenuto nelle fasi immediatamente successive l’attacco al Campidoglio americano dello scorso gennaio è stata un’indovuta censura. Trump è stato bannato da Facebook e Twitter, mentre Apple e Google hanno bloccato la possibilità di scaricare un social network noto per essere stato punto di ritrovo dell’estrema destra statunitense. Quanto viene sostenuto da una frangia dell’opinione pubblica è che, se Trump avesse commesso un crimine, avrebbe dovuto essere la legge a condannarlo.

Nell’epoca in cui chiunque è connesso ed esterna le proprie idee e pensieri sui Social Network, proibirne deliberatamente l’utilizzo equivale al censurare, per quanto le GAFA siano società private ed in quanto tali totalmente libere di impostare la propria linea.

La concentrazione nel Digital

Quanto sostenuto da docenti e ricercatori in materia è che non sia possibile proibire alle Big Tech di avere una propria visione politica e sociale. Che le Società espongano e propaghino i propri principi è un bene.

Quello che viene condannato è che queste azioni sarebbero innocue e giuste in un mercato di concorrenza perfetta in cui esistessero più Facebook e più Twitter. In un mercato di questo tipo, infatti, una persona ritrovatasi esclusa a tempo indeterminato da un qualsiasi servizio, potrebbe rivolgersi senza alcun problema ad un’altra società. Non è ciò che attualmente avviene.

Autore

Milanese di nascita, barese per adozione. Studio International Business Management e scrivo per passione. Amo la storia e tutto ciò che è conoscenza. Tifo Milan da quando Paolo Maldini incantava sulla fascia sinistra. Ho sempre un libro in più da leggere ed una storia in più da raccontare.

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