Gender pleasure gap: come le donne sono discriminate anche nel sesso

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Dopo aver varcato la soglia, ha iniziato ad attraversare i lunghi corridoi bianchi dell’edificio ad ampie falcate, abbagliata dalle luci intermittenti tipiche degli ospedali, un po’ come quei flash da passerella a cui è tanto abituata. Dopo aver bussato alla porta del laboratorio, ha esordito con voce sicura: «Sono qui per donare il mio orgasmo alla scienza». È così che Cara Delavingne, modella, attrice ed icona queer britannica, ha contribuito a “Planet Sex”, la docuserie sulla sessualità promossa dalla BBC. Aderendo al progetto, la modella ed attrice si è (anche) masturbata per 15 minuti nella stanza di un ospedale specializzato di Berlino con un solo obiettivo: indagare le cause scientifiche, sociali e culturali del gender pleasure gap, cioè la disparità di genere che c’è tra donne e uomini nell’ambito del piacere sessuale.

Un po’ di dati sul perché gli uomini non fanno godere le donne

Partiamo per gradi. Secondo i ricercatori (ma basterebbe farsi un esame di coscienza), esiste un grande divario tra il piacere maschile e quello femminile, non tanto in termini di qualità del piacere, quanto in termini di frequenza con cui questo viene raggiunto.

Da uno studio condotto dall’Università dell’Indiana su un campione di 52mila persone americane, è emerso che le donne eterosessuali hanno un orgasmo nel 65% dei rapporti, mentre le donne lesbiche lo raggiungono nell’86% dei casi. Sul versante maschile, invece, lo studio dimostra che gli uomini eterosessuali raggiungono l’orgasmo nel 96% dei rapporti: ciò significa che c’è un’ampia fetta di casi in cui le donne che hanno rapporti con uomini non raggiungono il piacere insieme al loro partner. Questo dato è confermato anche dall’Eige, Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere, che nel 2019 ha rilevato che il 91% degli uomini contro solo il 39% delle donne raggiunge normalmente l’orgasmo durante i rapporti. Proprio in questo consiste il pleasure gap, anche definito orgasm gap, termine che indica il divario che esiste (e persiste) tra uomini e donne nell’appagamento durante rapporti sessuali.

Per spiegare l’annoso dilemma dell’insoddisfazione femminile, spesso si ricorrere ad una serie di cliché ormai abitualmente estratti dal vaso di pandora appena ci si azzarda anche solo a sfiorare la soglia dell’argomento “sesso”. Per discolparsi dell’incapacità di soddisfare la propria partner, spesso molti uomini cishet accusano quell’attitudine “femminile” (meglio – artificialmente imposta dall’eteropatriarcato) che rende le donne incapaci di abbandonarsi al piacere sessuale pur di mantenere il controllo della situazione anche nei momenti intimi: insomma, dicono che sono frigide, autoeslcudendosi da qualunque causa della loro insoddisfazione. In altri casi, ne biasimano la complessa anatomia degli organi genitali, troppo misteriosa ed astrusa per essere veramente compresa.

Insomma, la giustificazione più semplice e comune che si preferisce dar in risposta alla difficoltà femminile di raggiungere l’orgasmo, rimane sempre quella di accusare le donne stesse di essere incapaci di provare piacere. Questo preconcetto, oltre che estremamente denigrante, risulta anche essere ampiamente smentito dai dati, da cui emerge che le medesime donne definite “frigide” dalle leggi dell’eteropatriarcato, in realtà, sono in grado di raggiungere l’orgasmo molte più volte nei rapporti sessuali con altre donne (86%).

Quali sono quindi le cause, complesse e radicate nella nostra dimensione socioculturale, alla base del gender pleasure gap che impediscono alle persone di sesso femminile di raggiungere il piacere come e quanto gli uomini?

Anatomia del piacere femminile: a che punto siamo con la ricerca scientifica?

Tra le ragioni principali alla base del gender pleasure gap c’è, in primo luogo, l’ignoranza scientifica. Basti pensare l’anatomia completa della clitoride, principale organo del piacere femminile, è stata approfondita per la prima volta solo nel 1998, dall’urologa australiana Helen O’Connel, anche se sui libri scolastici ancora non ce n’è traccia. 

Una sessualità soddisfacente e la capacità di raggiungere orgasmi derivano, infatti, dalla consapevolezza del funzionamento del nostro corpo. In quest’ottica, l’esigua conoscenza che si ha del corpo femminile e delle leggi fisiologiche e neuronali che ne regolano impulsi e sensazioni non fa altro che alimentarne lo stigma e rallentare enormemente la conoscenza dei luoghi del piacere da parte delle donne stesse.

Come biasimare, quindi, le donne di tale inadempienza, se neanche il mondo scientifico è in grado di fornire una visione chiara e completa dell’universo anatomico femminile?

Per decine di anni, il diktat sulla sessualità è rimasto quello imposto da Freud. Come viene spiegato su Mind, le teorie freudiane hanno contribuito a sviluppare la sessualità femminile attorno alla frustrazione generata dall’assenza del pene, rimpiazzato nella donna solamente dalla clitoride, definita come un organo “mutilato”. Con questi presupposti, appare chiaro come si sia rafforzata, nel tempo, non solo un’immagine della donna come parodia erotica imperfetta dell’uomo, ma anche un’idea di sessualità femminile percepita come ignota, misteriosa, mistica e a tratti anche mostruosa. L’insieme di questi fattori, sommato allo stigma culturale alimentato dalla religione cristiana, ha quindi contribuito a rallentare molto anche la stessa ricerca scientifica nell’ambito della sessualità femminile.

Col tempo, il dibattitto pubblico sull’argomento inizia ad accentuarsi, ponendo l’accento sull’importanza di un piacere equo e paritario ed inducendo, così, la stessa ricerca scientifica a spostare il suo focus sulla questione sessuale. Intorno alla metà del ‘900, come riporta Mind, iniziano ad essere eseguiti i primi studi ad ampio raggio sul comportamento sessuale umano, con un’attenzione particolare verso la donna.

I risultati degli studi dimostrano delle scoperte che saranno saranno cruciali per l’emancipazione sessuale femminile.

Ciò che emerge è infatti che, nella maggior parte dei casi, donne che non raggiungono l’amplesso nei rapporti con gli uomini riescono ad arrivare autonomamente all’orgasmo con la masturbazione, da sempre un tabù condannato dalla società. Ma la scoperta più eclatante che emerge dagli studi e che scardina definitivamente uno dei più antichi e radicati falsi miti sul sesso, è il fatto che non esiste una distinzione tra orgasmo vaginale e clitorideo. La risposta fisiologica caratteristica dell’orgasmo femminile è infatti unica e sempre clitoridea, ma può essere raggiunta sia tramite la sua stimolazione diretta che indiretta, mediante penetrazione. Tutte queste osservazioni permettono quindi di concludere che non solo che la sessualità femminile sia pari a quella maschile, ma probabilmente persino superiore, almeno per quanto riguarda la potenzialità del piacere e la complessità dei circuiti ormonali e neuronali che vengono attivati.

La conoscenza del nostro corpo è quindi un elemento imprescindibile per la salute sessuale e psicofisica di ogni donna (e anche di ogni uomo che si relaziona con essa). Inoltre, la determinazione puntuale non solo degli organi genitali femminili, ma soprattutto del complesso network di connessioni neuronali in cui sono immersi, costituisce uno step fondamentale aumentare la conoscenza scientifica sulle “malattie invisibili” quali vulvodinia, endometriosi e neuropatia del pudendo, da troppo tempo ignorate, con consapevole negligenza, dalla medicina tradizionale.

La sola definizione di un universo biologico che valorizzi e dia credito alla sessualità femminile, però, non è sufficiente a spiegare e risolvere il problema del gender pleasure gap: il riconoscimento dell’esistenza di un orgasmo femminile potente e perfettamente raggiungibile costituisce infatti solo il primo passo verso il superamento di tale divario.

Consapevoli del fatto che le donne possano godere quanto e forse più degli uomini, quali sono le altre cause che, con l’ignoranza scientifica, concorrono ad impedire loro di appagare completamente il proprio desiderio sessuale?

Il tabù della sessualità femminile

I motivi della discrepanza di soddisfazione sessuale sono molteplici, ma risalgono tutti ad una sorgente culturale comune, fatta di tabù, pregiudizi e discriminazioni. Le tracce di quest’aura di ignoranza e reticenza risalgono già all’età classica, in cui il desiderio femminile era conosciuto e temuto ben prima che si affermasse l’idea cristiana del peccato.

Già Ippocrate, padre della medicina, definiva l’isteria, dal greco greco hysteron cioè “utero”, come caratteristica comportamentale tipica della donna repressa. Secondo Ippocrate «è l’utero la causa di tutte le malattie delle donne», a testimoniare l’alone di mistero che avvolgeva tutto ciò che riguardava l’intimità della donna.

La religione cristiana ha poi contribuito a diffondere l’immagine della donna peccaminosa e immorale che attenta alla virtù maschile e deve essere governata per reprimere il proprio desiderio. Agli albori del ‘900, sarà nuovamente Freud, il padre della psicoanalisi, a condannare il piacere femminile con la sua teoria della clitoride come “organo mutilato”.

La vergogna, il senso di colpa e la sensazione di impurità hanno indubbiamente contribuito ad alimentare l’ignoranza e la negligenza verso la sfera della sessualità femminile, disincentivando in primo luogo l’autoerotismo e la masturbazione delle donne.

Secondo uno studio condotto in collaborazione con l’Osservatorio europeo per la sessualità femminile, gli uomini che hanno dichiarato di dedicarsi all’autoerotismo sono il 95% rispetto al circa 61% delle donne. Ciò dimostra che, se la società eteropatriarcale in cui viviamo continua a precludere alle donne di poter esplorare in maniera genuina e disinteressata la propria sessualità, è logico che queste non riescano a comprendere a pieno gli stimoli e le esigenze del proprio corpo, e questo senso di inadeguatezza non può fare a meno che riflettersi nei rapporti con il proprio partner.

La camera da letto come specchio di una società fallocentrica

Dopo aver analizzato i motivi scientifici e fisiologici che governano il piacere femminile ed aver riconosciuto l’esistenza di forti tabù che rallentano l’emancipazione sessuale delle donne, è necessario affrontare (almeno) un ultimo scoglio: quello del fallo (cioè il pene).

Tra le ragioni principali per cui le donne non riescono ad avere dei veri orgasmi c’è principalmente il fatto che il sesso è pensato per l’uomo, mentre la donna si trova ad essere molto spesso ridotta ad un mezzo per consentire il raggiungimento dell’eiaculazione maschile.

Quindi sì, le donne sono discriminate anche a letto. Giochi di potere, visioni imposte ed un’industria pornografica che, con i suoi giochi di ruolo (e di potere), impone una visione di sessualità completamente statica ed artificiosa a cui le donne sono chiamate a conformarsi: questi sono solo alcuni degli elementi del quadretto fallocentrico che domina la maggior parte dei rapporti etero-sessuali (i rapporti omosessuali tra donne, invece, sono tutta un’altra storia).

I dati dimostrano che la maggior parte delle donne non raggiunge l’orgasmo con la penetrazione, ma con la stimolazione diretta del clitoride. A livello sociale, però, il sesso viene canonicamente inteso e validato in quanto tale solo quando penetrativo, nonostante quest’alternativa (che è solo una delle decine di opzioni possibili) non sia generalmente il massimo del piacere per la partner femminile: quindi perché la penetrazione rimane l’attività predefinita e spesso l’unica modalità di fare sesso?

La risposta è semplice: la visione fallocentrica della società, che vede l’uomo (ed il suo pene) misura di tutte le cose, si riflette anche nel sesso, spostando il focus dell’attività e del piacere sessuale completamente sulla soddisfazione maschile.

Secondo una ricerca condotta nel 2019 su un campione di 492 donne, il 77% di queste ha finto almeno un orgasmo nel corso della vita, a testimonianza del fatto che la strada della penetrazione non è generalmente la scelta migliore.

L’esigenza di conformarsi ad un copione sessuale socialmente atteso contribuisce enormemente a precludere non solo le donne ma anche gli stessi uomini dal provare delle alternative alla penetrazione che sarebbero sicuramente più eccitanti e soddisfacenti.

Come insegnano le relazioni omosessuali femminili, esiste in realtà un’ampia gamma di modalità di vivere la sessualità tramite cui le donne possono raggiungere un grado di soddisfazione maggiore. Quindi, cosa stiamo aspettando?

Una questione di dicotomia: santa o puttana

La lente sociale con cui valutiamo la realtà è intrisa di un double-standard che, dall’alba dei tempi, suddivide le donne in due categorie ontologiche antitetiche: o sei santa o sei puttana. Questo doppio binario si riflette nella concezione che storicamente si ha del corpo femminile: se da un lato è rappresentato come un luogo sacro, dall’altro diventa rapidamente merce di scambio, oggetto a completa disposizione dell’uomo. È così che le donne sono costrette, da secoli, a portarsi dietro un fardello culturale pesantissimo: lo stigma della loro stessa carne.

L’interesse universale ed ossessivo sul rapporto che le donne hanno col sesso è ormai un dato comprovato e continuare a negare che l’opinione pubblica giudichi le donne principalmente in base alle loro presunte abitudini sessuali non fa altro che alimentarne lo stigma. L’immagine della donna peccaminosa ed immorale, indottrinata a reprimere il proprio desiderio sessuale (salvo quando finalizzato alla procreazione) attraversa praticamente tutte le epoche, con forme e modalità diverse, già prima dell’egemonia della religione cristiana (che poi ci ha dato il colpo di grazia). Questo peso storico e culturale non fa altro che complicare il rapporto che hanno con loro stesse, con il loro corpo e con il sesso in generale.

Il sesso (speriamo) del futuro

Decine di studi recenti affermano che il benessere psicofisico di un individuo dipende in larga parte anche dalle sue sane abitudini sessuali, sia per quanto riguarda l’autostimolazione che il rapporto con uno o più partner.

La salute sessuale è un dritto di tutt3 e, in quanto tale, deve essere garantito in primo luogo attraverso un’educazione sessuale completa e poliedrica, che spazi dall’insegnare cos’è il consenso all’importanza della masturbazione.

Solo una volta scardinati i tabù ed i ruoli socialmente imposti, sarà possibile costruire un’altra sessualità, fatta di autoerotismo, parità e, magari, anche di vero appagamento sessuale per le donne.

Autore

Alice Melani

Alice Melani

Autrice

Mi chiamo Alice e c’ho un’anima un po’ scissa. Tra le altre cose, sono una neuroscenziata della Scuola Normale. Nel tempo libero oscillo tra attivismo, femminismo intersezionale e misantropia disillusa. Odio gli indifferenti e credo che dovremmo proprio smetterla di imporre inutili confini al nostro animo in continua espansione.

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