A 45 anni, ormai, non si tratta più solo di fare rime, perché quello ha già dimostrato di saperlo fare. Arrivato al suo decimo album e avendo raggiunto un certo livello di esperienza nel settore, Fabri Fibra (nome d’arte di Fabrizio Tarducci) si è impegnato nel creare un progetto che avesse un elevato spessore musicale. Pieno di riferimenti alla cultura hip hop, si distingue rispetto alle uscite nel settore dell’ultimo periodo: è una novità. È riuscito a mettere insieme tanti artisti con capacità diverse per creare sinergie e ordinare il suo Caos.
Il titolo del suo ultimo lavoro è anche lo specchio dei suoi pensieri più reconditi, della sua intimità e, curiosamente, anche dei tempi moderni. In un periodo in cui ci troviamo a naufragare da una pandemia ad una guerra, passando per una crisi climatica, l’artista cerca innanzitutto di mettere ordine dentro di sé. E lo può fare solo tramite la scrittura, tramite quei pezzi che, come ha dichiarato, sono gli stessi usciti di getto dai suoi pensieri.
Si discosta dalla piattezza che sta subendo il genere degli ultimi anni, innanzitutto per l’offerta musicale dell’album: 17 tracce che raggiungono una durata complessiva di quasi un’ora.
La struttura interna è caotica come lui?
Il disco si apre con una Intro in cui il rapper riesce in tre minuti a fare un riassunto della sua carriera, accompagnato dalle note campionate della traccia senza tempo di Gino Paoli Il cielo in una stanza. Una canzone d’amore così profonda che Fibra la dedica alla musica che lo ha accompagnato in questi anni.
Non possiamo sapere realmente che rapporto ci sia tra i due: la musica è quella cosa da sempre presente nella sua vita, che lo fa star bene, che gli ha dato un obiettivo nella vita e senza la quale non sarebbe ciò che è oggi. Nonostante il tempo passato, quando si dedica ad essa, si sente come agli inizi della sua carriera, come se non fosse passato un solo anno, impegnandosi da sempre con la stessa attitude e passione. «Senza musica probabilmente non sarei niente, ti giuro, non saprei che fare senza lei, se l’hip-hop fosse una donna le direi» continua poi con le parole di Paoli.
Il filo comune: l’hip-hop
Sono tanti i riferimenti alla cultura hip-hop moderna: dalla seconda traccia dal titolo Good Fellas, celebre film di Scorsese da cui spesso hanno preso ispirazione i rapper italiani, alle citazioni prese da alcuni pezzi con cui Fibra è cresciuto, come quelli del Colle Der Fomento.
È questo quello che dovrebbero fare gli album che si proclamano hip-hop. Più che essere pieni di rime ricercate che piacciono tanto ai giornalisti («sti giornalisti per la scena rap sono una piaga, che si eccitano per la rima colta e ricercata»), dovrebbero avere tanti riferimenti da suscitare la curiosità dell’ascoltatore.
Ma più che dare immagini ed evocare scene all’ascoltatore, questo è un album profondamente intimo e ricercato, empatico. Si tratta di un viaggio consapevole di Fibra dentro sé stesso: in un periodo in cui non si è potuto viaggiare fuori, il rapper ha ripreso le sue esperienze passate per analizzarle sotto una nuova luce. «L’hip-hop è uno stile di vita, il rap sei tu che scegli di farlo solo in determinati momenti».
La critica e l’ironia irriverente alla Fibra
Ciò che non poteva mancare nel suo album è una riflessione sui tempi moderni: ci si preoccupa senza motivo degli effetti che qualcosa di fittizio, come la vita social, potrebbe avere su quella che a tutti gli effe tti è ancora la vita reale.
Ma soprattutto descrive, con la sua solita abilità, la politica italiana nel pezzo probabilmente più iconico dell’album, Propaganda, che presenta anche un feat inedito con la coppia Colapesce e Dimartino. Su una strumentale molto giocosa, si crea un clima ironico su cui sviluppa un’analisi critica dai toni apparentemente leggeri su come si sia persa fiducia nei politici di oggi che non rispecchiano la maggioranza della popolazione italiana e la sua volontà.
I pezzi di Fibra più radiofonici con ritornelli “leggerissimi” sono in realtà veicoli di messaggi da non prendere per quello che sembrano. È come se ognuno di noi fosse impegnato nella sua propaganda: esaltare la nostra figura grazie ai social, dimostrare che ci va tutto bene e che non abbiamo mai dei «momenti no». I momenti di tristezza non vanno nascosti ma devono essere di ispirazione, sono un’occasione per prendere energia negativa e trasformarla in qualcosa di buono: è ciò che fa Fibra rielaborando i propri problemi riuscendo così ad ottenere i suoi pezzi migliori.
Ordine nel disordine
C’è allora un senso interno al disco e può esserci anche dentro di noi: il caos è solo apparente e, se ci si allontana un attimo dopo un momento di rielaborazione, si riesce a dare un senso alle cose. Queste canzoni parlano tra loro: ci sono quelle più critiche e le hit prima della Title track che fa da spartiacque e permette a Fibra di aprirsi completamente, andando a sviscerare idee recondite dentro di lui e analizzare tematiche sociali e personali in modo più approfondito.
Caos è il pezzo d’amore del disco, amore che guida le nostre vite disordinate, dove si alternano momenti di alterazione a momenti di lucidità. Stessa cosa vale per la stesura di questo disco, in cui vediamo come ci siano zone di sfogo, di autoanalisi, di critica e di condanna.
Nel pezzo più rap progressive c’è la presenza di un altro che ci tiene a fare un lavoro elaborato e di livello: Marracash. Si presenta come una critica allo stile di vita che ha dovuto affrontare in questi anni, quando tutto è bello perché coperto dalle luci della ribalta e poi ci sono quei momenti in cui bisogna trovarsi ad avere a che fare con sé stessi, ci si trova in momenti di solitudine e di sofferenza.
Si presenta come un pezzo lunghissimo per il suo genere, più di quattro minuti senza ritornello, come fosse un flusso di pensiero che descrive le loro preoccupazioni su una base di Ketama126. Magari non ci può essere soluzione alla Noia. Il frammento di un’intervista fatta a Charles Bukowski apre gli sviluppi del pezzo e fornisce la chiave di lettura all’ascoltatore: non bisogna preoccuparsi della fama, di quello che pensano gli altri e di tutto ciò che può compromettere la tua ispirazione. Bisogna solo rimanere concentrati sulle proprie cose per farle bene, per farle al meglio.
Menzione speciale per il pezzo Cocaine, beat metafisico che ci porta in una dimensione western con una specie di armonica che crea l’ambiente di un film di Sergio Leone. Si tratta di una base “alla Morricone” dove i tre pistoleri che si trovano allo scontro finale sono tre tra le penne più importanti della scena italiana: Fibra, Guè e Salmo.
Con le loro qualità dimostrano quanto sono bravi a fare «poesia per analfabeti», per coloro che di hip-hop non ne capiscono un granché, sia perché non hanno una cultura scolastica solida, sia per una mancanza di cultura nel settore: ascoltano questo genere solo perché va di moda adesso, senza apprezzarlo per davvero. Descrivono il loro status e lo fanno con il loro classico stile che li contraddistingue, tre che ribadiscono in questa traccia il loro valore, quello che hanno dovuto passare per arrivare dove sono ora e tutto quello che hanno fatto per il rap.
Applausi per Fibra
L’album viene presentato con sole tre settimane di preparazione per i fan, che lo aspettavano da tanto, con nessun inedito dell’album che lo anticipasse. Poca pubblicità attorno e solo il cd a parlare, inizialmente presentato senza collaborazioni.
Sono tante le teste che ci hanno lavorato anche se la presenza di un direttore artistico, Fibra in prima persona, ha voluto curare ogni aspetto del suo lavoro. E ringrazia tutto il team, ma soprattutto sé stesso nella Outro del disco, su una base molto semplice di bum clap dove oltre alla solita critica sociale negli ultimi secondi c’è una nota audio di un uomo. Venuto a sapere che Fabrizio sta scrivendo il nuovo album lo incoraggia da bravo amico convinto che saprà far uscire un altro grande lavoro. «Il periodo è strano, surreale, complesso, per questo starai scrivendo roba seria». Perché proprio nei tempi caotici lui ci sguazza e si trova a suo agio.
Un sistema dinamico si definisce caotico quando la sua evoluzione nel tempo dipende dalle condizioni iniziali. Per analizzare le condizioni inziali, Fibra è andato a scavare dentro di sé attraverso i suoi ricordi. Sulla copertina del disco ci viene mostrato un momento di calma totale, lui che cammina su una spiaggia da solo ascoltando le onde del mare, uno dei momenti di connessione più profondi con la nostra intimità (a chi non capita mai di perdersi nel rumore rilassante delle onde camminando sulla battigia?).
Una copertina senza titolo, molto semplice, proprio per distaccarsi da tutto il caos che ci circonda. Con questo lavoro richiama la calma prima della tempesta, prima dell’ascolto dei pezzi. C’è lui che cammina verso un nuovo percorso, ha fissato questo punto della sua carriera che lo porterà chissà dove. Il nostro Fabrizio è di spalle, si allontana da noi e forse da quella parte di sé che ha lasciato in questo album, ma da cui verrà ad attingere sempre qualcosa.
“Provo a lasciare un messaggio che passi in mezzo, tra la voglia di vincere e la paura di fallire… o forse siamo liberi, liberi di stare bene… se avessi fatto finta, mi sarei chiuso senza via d’uscita, per questo la musica mi ha salvato la vita.”
Autore
Alfonso Maria Russo
Autore
Studente all’università, scrittore nel tempo libero, pensatore a tempo perso. Nato nel ‘98, laureato in lettere moderne. So che scrivere articoli non è la soluzione ai problemi ma può essere un punto di partenza.