«La mia libertà finisce dove inizia la tua». Eppure gli uomini italiani vorrebbero spiegare alle donne come disporre della propria vita

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Nel 2021 sono ancora numerose le notizie di uomini che si sentono in diritto di sentenziare sulla vita delle donne. Da Alfonso Signorini a Fabrizio Corona, da Beppe Severgnini a Simone Pillon, sono tantissime le invettive degli uomini, giornalisti, esponenti del mondo della politica contro la liberazione del corpo femminile. 

Si tratta di una vera e propria guerra al femminismo sex positive, una guerra combattuta con le armi dei media e del digitale e, forse proprio per questo, particolarmente pericolosa. 

Ma facciamo un passo indietro. Stiamo seguendo in prima serata la diretta TV del Grande Fratello Vip, trasmessa dalle reti Mediaset, quando un noto personaggio televisivo, Alfonso Signorini, con il pretesto di rivolgersi a Giucas Casella per un presunto scherzo riguardante il cane del concorrente, si spinge ad affermare «noi qui siamo contrari all’aborto, in ogni sua forma». 

Tuttavia, al di là della questione di merito riguardo la posizione di Signorini su uno dei temi più dibattuti della recente storia politica italiana, ciò che colpisce particolarmente è la scelta di usare la prima persona plurale nell’affermazione della propria contrarietà all’aborto. Di fronte a tale scelta, vengono principalmente due dubbi: il primo, poco probabile, che Signorini ami riferirsi a se stesso utilizzando il plurale maiestatis, quello inventato dagli antichi romani, in preda a un delirio di onnipotenza. Il secondo, più verosimile, che Signorini dia per scontato di poter parlare per una categoria di persone di cui, in quel momento, si sente portavoce e rappresentante. Viene subito da chiedersi, dunque, quale potrebbe essere questa categoria di persone, chi è questo “noi” in cui Signorini si riconosce: l’Italia? L’Europa? Gli studi Mediaset

Tutte domande destinate a restare senza una risposta, dal momento che Signorini, in quanto uomo, non è in alcun modo un esponente del genere femminile e, dunque, in alcun modo, autorizzato a sentenziare su una scelta riguardante il libero arbitrio di una donna. 

Ma il caso di Signorini, per quanto lampante, non è l’unico a segnare la comune tendenza degli uomini italiani a voler esprimere pareri non richiesti, spesso coercitivi, sulle scelte di vita delle donne. L’imprenditore italiano Fabrizio Corona, pochi giorni fa, si è permesso di ricondividere una foto dell’attivista e influencer Giorgia Soleri che mostrava la ragazza ritratta in un completo sportivo. La descrizione di Corona recitava: «Vomito per queste finte radical chic che devono ostentare un femminismo di cui non c’è più bisogno». La risposta della ragazza parla da sé: «Credono che la mia libertà sia loro proprietà». 

E ancora, solo due giorni fa, la giornalista sportiva Greta Beccaglia è stata molestata da alcuni tifosi della Viola in diretta tv, mentre era intenta a fare delle interviste. Tuttavia il presentatore, in collegamento dallo studio, anziché mostrare solidarietà e prendere le difese della giornalista inviata, le dice: «Non te la prendere. Si cresce anche attraverso questa esperienza. Chiudiamola qui così, se vuoi, puoi reagire a questi atteggiamenti, ma non in diretta». È sorprendente come l’uomo rimanga calmo, senza scomporsi in alcun modo, quasi dando per scontato che una donna che si voglia affacciare al mondo della tv debba tenere in considerazione la possibilità di essere abusata. 

Ne esce, allora, l’immagine di un paese dove la donna rimane ancora un “accessorio” di cui disporre, agli occhi dell’uomo detentore della sua libertà. Il diritto arrogatosi dagli uomini di poter dire, toccare, molestare a proprio piacimento ci ricorda, quindi, che non è mai troppo ridondante parlare di violenza di genere. 

Autore

Maria Chiara Cicolani

Maria Chiara Cicolani

Vice Direttrice

Mi sono laureata in Filosofia a Roma. Ho vissuto per un po’ tra i fiordi norvegesi di Bergen e prima di questa esperienza mi reputavo meteoropatica, ora non più. Mi piace la montagna, ma un po’ anche il mare. Il mio romanzo preferito è il Manifesto del Partito Comunista e amo raccontare le storie.

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