Perché il calcio femminile italiano non è ancora professionismo?

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È un problema culturale, quello del calcio italiano, che è ancora molto indietro rispetto a paesi che scommettono e investono di più sul femminile. Questo è ciò che è emerso dal nostro recente incontro con Enrico Maria Sbardella, allenatore della nazionale calcio femminile U19 durante la Campus Job Week del Salone dello Studente. Parlando con Sbardella, infatti, ci siamo accorti di quanto ancora l’Italia e la FIGC debbano lavorare per parificare i diritti delle giocatrici di sesso femminile a quelli dei loro colleghi uomini, sia in termini legali che salariali.

Si pensi, infatti, che le calciatrici che giocano nella Serie A femminile, ancora oggi, non sono considerate professioniste, ma dilettanti. Questo ci porta ad una serie di considerazioni da non sottovalutare: un salario nettamente inferiore, un contratto che non permette contributi validi e, soprattutto, un’immagine pubblica decisamente squilibrata. Nel resto del mondo il riconoscimento del professionismo femminile nel calcio è un passo che è già stato compiuto da svariati decenni: paesi come l’Australia, il Giappone o gli USA hanno squadre femminili che raggiungono risultati ben più importanti delle corrispettive maschili e il loro sviluppo, così come l’inserimento delle donne nel calcio, parte dal basso, sin dalle prime fasi di gioco.

Dunque l’Italia, ancora una volta, non si sta dimostrando in grado di tenersi al passo coi tempi. La legge che regola il professionismo nel mondo dello sport è la 91/1981: «Ai fini dell’applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica».

In questo senso, il recente passaggio di gestione del calcio femminile italiano dalla Lega Nazionale Dilettanti alla Federazione Italiana Giuoco Calcio potrebbe costituire un punto di svolta per la professionalizzazione del calcio femminile, prevista per l’anno prossimo. 

Senza dubbio, uno dei punti di vera svolta per il calcio femminile italiano è stato segnato dal Mondiale del 2019, durante il quale la nostra selezione maggiore ha raggiunto lo storico traguardo dei quarti di finale. In quell’occasione, molti italiani ebbero la possibilità di scoprire il mondo calcistico femminile e di appassionarcisi. Il traguardo dei quarti di finale ebbe, infatti, immediate ripercussioni anche sul numero delle iscrizioni annuali alle scuole calcio, che salì di circa 10mila nuovi tesseramenti. Inoltre, secondo i sondaggi, circa 24,9 milioni di persone si sono interessate ai Mondiali di calcio femminili disputati in Francia dal 7 giugno al 7 luglio nel 2019, “merito” anche della mancata qualificazione della selezione maggiore maschile ai Campionati del mondo. 

Tuttavia, siamo ancora lontani dal considerare le squadre italiane di calcio femminile con lo stesso rispetto di quelle maschili. Circa 15 anni fa, quando gli organi sportivi nazionali avviarono un dibattito con le squadre professionistiche di Serie A riguardo un investimento nel calcio femminile, nessuno accettò e si dimostrò interessato all’idea. Nonostante il calcio italiano dell’epoca attraversasse genericamente un buon momento economico, e nonostante, dunque, le società di calcio maschile potessero permettersi grandi investimenti, i presidenti si rifiutavano di scommettere sulle donne, ignorando anche il valore e la fortuna economica che avrebbe portato tale investimento.

Solo anni dopo la Juventus e la Fiorentina decisero di formare le prime squadre di calcio femminile italiane, strettamente connesse alle squadre maschili. Così, la Fiorentina nel 2015 e la Juventus nel 2017 diedero il via ad una serie di squadre decise ad investire nel calcio femminile. A partire dalla stagione 2015-2016 sono 12 le squadre che partecipano alla Serie A. 

Oggi la situazione è chiaramente modificata rispetto a quella di 15 anni fa e le squadre italiane femminili raggiungono risultati di tutto rispetto, competendo spesso anche in Europa. Si nota, inoltre, una sempre più forte inclusione da parte delle società di calcio maschile verso la sezione femminile, con contributi e iniziative per allargare la loro eco e avvicinare i tifosi a questa disciplina. 

Tirando le somme, nonostante i grandi progressi promossi dalla FIGC e da personaggi come Enrico Maria Sbardella, l’Italia ha ancora molto da fare per la parificazione dei sessi nel mondo del professionismo sportivo, ed il problema non è puramente economico. 

Come precedentemente detto, i numeri sull’audience del calcio femminile continuano a crescere e sono incoraggianti, ma ancora lontani da quelli di altri paesi, poiché il calcio in Italia è ancora visto come uno sport estremamente maschile. Si pensi allo staff che interagisce all’interno di una squadra di calcio maschile: fisioterapisti, massaggiatori, psicologi ecc. solitamente sono tutti ruoli affidati a uomini, tanto che non troviamo una singola donna all’interno di uno staff di Serie A. Un altro esempio lampante del maschilismo nel mondo del calcio riguarda le società dilettantistiche, da sempre bacino da cui attingere talenti per le squadre professionistiche. A Roma, e nel Lazio, le società dilettantistiche maschili sono veramente tantissime, più che in altre regioni. Si contano sulle dita di una mano, invece, quelle società che hanno una sezione femminile e proprio l’assenza di squadre minori dove poter coltivare questa passione allontana le ragazze dal mondo del calcio.

Le possibilità ci sono e avvicinarsi a questo splendido mondo è semplice e inaspettato. È un calcio molto più rispettoso senza quel lato che ultimante disturba lo spettatore di calcio: perdite di tempo, sceneggiate, simulazioni. Si tratta di un calcio nei suoi aspetti più puri e incontaminati, legato a valori solidi e solidali, e che ricorda molto, con non poca commozione per i tifosi, il calcio italiano degli anni ’60, dove i giocatori sporchi di fango giocavano con una verve impagabile. Il calcio femminile è una bellissima esperienza da vedere e da conoscere e basterebbero ulteriori piccoli sforzi per aprire ancor di più questo vaso di Pandora. È un calcio che ritorna alla sua vera essenza. 

Per concludere, vi lasciamo con una citazione della capitana della Nazionale maggiore italiana Sara Gama, da poco divenuta anche consigliere federale FIGC nonché membro della Commissione Nazionale Atleti del CONI e vicepresidente AIC:

Pregiudizi e ostacoli si abbattono con la conoscenza. 

Autori

Romano e romanista. Tutti mi dicono che assomiglio a Mauro Icardi, ma secondo me sono più bello. Nei viaggi con gli amici sono quello che guida, ma per passione. Laureato in Lettere, sognavo di scrivere per qualche testata giornalistica, ma per il momento mi ritrovo in Generazione: mi accontento.

Maria Chiara Cicolani

Maria Chiara Cicolani

Vice Direttrice

Mi sono laureata in Filosofia a Roma. Ho vissuto per un po’ tra i fiordi norvegesi di Bergen e prima di questa esperienza mi reputavo meteoropatica, ora non più. Mi piace la montagna, ma un po’ anche il mare. Il mio romanzo preferito è il Manifesto del Partito Comunista e amo raccontare le storie.

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