Neri Oxman e la rivoluzione del biodesign

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Se tra qualche anno assisteremo ad una rivoluzione dal punto di vista dei materiali e dei processi di lavorazione nel campo del design e dell’architettura dovremo tener presente degli studi e della ricerca portati avanti dal team di quella che il New York Times definisce la ‹‹Leonardo Da Vinci contemporanea››: Neri Oxman.

Originaria di Haifa, Oxman ha la fortuna di respirare aria di progettazione già dalla culla, grazie ai genitori rinomati architetti attivi sul territorio israeliano. Si laurea alla Scuola di architettura di Londra nel 2004, proseguendo successivamente con un dottorato al MIT di Boston dove, dal 2010, presta servizio come docente, gestendo un gruppo di ricerca interdisciplinare. Il teamvanta la partecipazione di designer, grafici e architetti nonché di biologi, informatici, ingegneri biomedici e meccanici. Con questi professionisti porta avanti studi artistico-scientifici e progetta le sue opere e le sue installazioni.

Neri Oxman, fotografata da Conor Dohery

La filosofia del biodesign: tra bioarchitettura e bioingegneria

Neri Oxman ha come fine principale una missione e una poetica ben precisa, ovvero l’ingegnerizzazione della natura, alla quale aspira attraverso l’avanguardia e l’innovazione tecnologica. Aspetti che affronta al meglio grazie alla particolare interdisciplinarietà che caratterizza il suo team di ricerca Mediated Matter, con il quale, come ci suggerisce il nome traducibile con “materia mediata”, riesce a sintetizzare in un unico risultato scoperte e sperimentazioni scientifiche con rivoluzioni e conquiste biologiche.

Il lavoro della designer punta inoltre a ridefinire i rapporti e i processi tra materia e ambiente, cercando di attuare un “passaggio dal consumo della natura come risorsa geologica alla modifica come risorsa biologica”: ciò permetterebbe di concepire i materiali e la realizzazione degli stessi in maniera diversa, attraverso una riconsiderazione metodologica.

Al fine di questo risultato, sarebbe importante, secondo Oxman, rivalutare soprattutto la concezione del design andando a ricercare “un ruolo più profondo per l’architettura all’interno della società”, facendo in modo che le discipline da lei e dal suo team impiegate entrino in stretta relazione, perseguendo non solo una maggiore comunicazione ma una coesistenza nell’atto della progettazione: design, arte, scienza ed ingegneria dovranno perciò condividere le stesse prospettive per un futuro più sostenibile.

Abbiamo il compito e la responsabilità di fare da madre alla natura.

Neri Oxamn

Crescita contro assemblaggio

Una dimostrazione della riconsiderazione metodologica ricercata da Oxman e Co. possiamo trovarla nell’installazione dove la Natura si fa architetto: la Silk Pavillon.

Letteralmente “padiglione di seta”, quest’opera è costituita da un telaio di 26 panelli poligonali di acciaio sul quale una macchina CNC (Computer-Numerically Controlled) è intervenuta filando un groviglio in fibra di seta. Successivamente è stato liberato uno sciame di 6500 bachi da seta, che seguendo l’intelaiatura, ha provveduto a riempire gli spazi con il suo filare, fungendo così da stampante 3D biologica e creando una cupola.

Il Silk Pavillion, al MIT Media Lab

Durante questo processo, gli studiosi hanno potuto notare come, nonostante la caratteristica cecità dei bachi, questi riescano comunque ad analizzare lo spazio riorganizzandolo attraverso sollecitazioni.

L’installazione ha rivelato inoltre che questa “macchina” è una stampante con cartucce ricaricabili (quasi) illimitate: dopo che i bachi ricoprono l’intera struttura, vengono spostati in un laboratorio protetto dove, superata la fase naturale dell’impupamento che li porta ad evolversi in falene, generano circa 1,5 milioni di uova dal potenziale di costruzione di 250 padiglioni aggiuntivi.

L’ambizioso esperimento ha dimostrato non solo che esistono metodi alternativi per costruire attraverso «un processo di crescita in contrapposizione a quello di assemblaggio» ma pure che «la natura è perfettamente in grado di stare al passo con l’innovazione tecnologica e che, anzi, è innovativa e all’avanguardia da molto più tempo di noi».

Ricerca e rivoluzione dei materiali

La Material Ecology, nome che Neri Oxman ha coniato per la sua disciplina, si occupa principalmente di studiare e realizzare nuovi materiali: un esempio sono i biopolimeri ricavati dal latte vaccino o dalla buccia d’arancia, che potrebbero rivoluzionare quello che è il sistema di produzione plasticocentrico. Partendo da questi materiali, l’equipe del Mediated Matter vuole creare, attraverso sinterizzazioni biologiche, dei sistemi funzionali in grado di riprodursi autonomamente: porre quindi le basi per un futuro industriale dove i processi di fabbricazione viaggino parallelamente a quelli naturali.

L’opera Aguahoja consiste in una struttura di 5 metri la cui “scorza” è costituita da acqua, cellulosa, chitosano e pectina. Questo materiale composito è sensibile all’ambiente e regola sé stesso in risposta al calore e all’umidità esterna alla quale è sottoposto.

Progettato digitalmente e costruito roboticamente, l’artefatto costituisce una perfetta sintesi fra digitalizzazione e ingegnerizzazione dei processi di fabbricazione, incarnando perfettamente il concetto progettuale del material ecology.

Aguahoja, esposto nella lobby del MIT Media Lab

Con questo progetto d’avanguardia, la Oxman, vuole proporre un nuovo approccio di progettazione e utilizzo di materiali biocompatibili che possano decomporsi in modo programmato, così da creare un nuovo apparato di smaltimento che non alteri l’ecosistema. Il composto biodegradabile, al termine della sua funzione, può essere programmato per trasformarsi in liquido in modo da restituire alla natura i suoi elementi costitutivi, rispettandone quello che è il naturale ciclo vitale.

Questo ciclo di nascita, adattamento e decadimento permette agli ecosistemi di utilizzare materiali per sempre. […] Il risultato è un sistema alimentato da acqua con un’efficienza impareggiabile nell’uso di energia e risorse.

Neri Oxamn

Questa “programmazione ambientale” è una proposta efficace, in contrapposizione al metodo di produzione corrente, per sostituire tutti i materiali inquinanti e ingestibili, ormai obsoleti, con nuovi materiali più ecosostenibili.

Particolare di Aguahoja

Autore

Simone Mastronardi

Simone Mastronardi

Direttore Creativo

Nato lo stesso giorno di Stanley Kubrick, è del Leone e non lo nasconde. Da grande vuole fare il regista e farsi crescere i capelli; è più vicino alla seconda. C'è un giro illecito di scommesse che divide in due la sua cerchia di amici: riuscirà mai a laurearsi?

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